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C’è molta attesa questa sera per il concerto di Shara Worden, interprete e compositrice americana di grande talento, meglio conosciuta come My Brightest Diamond, che ha iniziato la sua carriera artistica nel gruppo di Sufjan Stevens una decina di anni fa. Probabilmente dipende dal semplice fatto che All Things Will Unwind, il suo terzo e più recente lavoro solista, è un album capolavoro, capace di ridefinire gli stilemi e i possibili orizzonti di tutta la scena indie rock.
Shara Worden dal vivo è una vera forza della natura: polistrumentista ed artista quanto mai versatile e curiosa, è accompagnata sul palco dal solo Brian Wolfe, alle percussioni. Al resto pensa tutto lei, che si alterna alla chitarra acustica, al piano, alla chitarra e all’arpa elettrica e alle tastiere con grande disinvoltura e trova anche il modo di calibrare in modo giusta la sua immensa voce, a tratti così nitida e pulita da giustificare l’aggettivo “celestiale”, senza neanche sbilanciarsi troppo. Il repertorio che presenta questa sera in concerto è essenzialmente composto da brani tratti da All Things Will Unwind, ma ci accorgiamo subito che l’impatto sonoro della dimensione live è di certo diverso dalle sonorità rarefatte che abbiamo ascoltato sull’album. Chitarra e batteria si fanno sentire, anche se alternano il gradevole e raffinato pop acustico di brani come We Added It Up alla ricercata avanguardia di Everything Is In Line e alle sferzate elettriche di Golden Star, tratta da Bring Me The Workhorse, il suo primo album solista, un disco del 2006. Non dimentichiamo che Shara è originaria di Ypsilanti, nel Michigan, stessa città natale di Iggy Pop, il leader degli Stooges, e che un’anima dichiaratamente rock le si agita comunque dentro. Molto bella anche Escape Routes, un brano composto dopo aver assistito a New York all’ultimo spettacolo teatrale dell’amica Laurie Anderson, che le ha posto quesiti che ha scoperto essere anche suoi. Siamo veramente capaci di amare? E in che modo? Fino a che punto? Perché la morte di una persona cara ci lascia così sgomenti? Shara Worden interrompe di tanto in tanto le sue esecuzioni, indossa una maschera teatrale che le copre interamente il volto, e inizia una sorta di danza tribale che la porta a percorrere in lungo e in largo la scena, seguendo il ritmo incalzante dettato dalla batteria dell’amico e collaboratore in studio Brian Wolfe. Questi intermezzi solo strumentali, scandiscono il susseguirsi di brani molto diversi fra loro, dall’incantevole folk rarefatto di Be Brave agli accenni operistici di She Does Not Brave The War, un brano talmente bello che ci scopriamo incantati a seguire solo e soltanto il perfetto fluire della sua voce. Shara dialoga volentieri con il pubblico presente in sala, al punto di modificare la setlist prevista per la serata inserendo a richiesta Gone Again, una struggente piano ballad inserita sul suo debut album. In realtà non eseguiva più quella canzone da tempo, perché le rinnovava uno stato di sofferenza e di dolore, ma questa sera ha fatto un’eccezione per assecondare una richiesta a dir poco imperiosa. Shara racconta poi di come si sia recentemente trasferita da New York a Detroit, un ritorno alle origini quindi, e di come un incidente domestico, come quello dell’incontro con un topo mentre sistemava il nuovo appartamento, le abbia suggerito un folk atipico, quasi da operetta, come quello di A Rat In The Kitchen, un brano che esegue subito dopo con rinnovata freschezza ed energia. Il jazz e il ragtime sono invece protagonisti di High Low Middle, una lunga trascinante composizione, dotata di un groove davvero particolare, un vero piccolo capolavoro stilistico, che racchiude tutta la genialità e la capacità di sintesi di questa musicista, mai stanca di mettersi in discussione, di esplorare. Quando il concerto è sul punto di arrivare alla fine, ecco che arriva il momento più bello: I Have Never Loved Someone, una slow ballad incantevole, un inno all’amore, un ringraziamento cantato verso il Cielo e interamente dedicato alla nascita del suo bambino, che adesso ha un anno e mezzo d’età. Le origini gospel di Shara sono quanto mai evidenti nella struttura di questo brano, un altro momento da ricordare.
Inside A Boy, tratta da A Thousand Shark’s Teeth chiude invece la serata, ma Shara non resta che pochi minuti nel backstage. Richiamata a gran voce dal pubblico, ci regala una frenetica e coraggiosa cover di Feeling Good, il vecchio brano scritto da Leslie Bricusse e da Anthony Newley. Un concerto davvero mirabile, un live act folgorante, che resterà fra i momenti musicali più belli dell’intero anno.
SETLIST: We Added It Up Everything is in Line Golden Star Escape Routes Instrumental #2 (with masked dance) Be Brave She Does Not Brave The War Gone Away There's a Rat High Low Middle Apples I Have Never Loved Someone Inside A Boy
Encore:
Feeling Good
Articolo del
24/11/2011 -
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