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Dee Dee & Brandon (play the songs of Dum Dum Girls & Crocodiles)
Dee Dee & Brandon live + Soviet Soviet @ Always Never Again, B.Side – Rende (Cs), 23 novembre 2011
Rende (CS)
23/11/2011
di
Fernando Rennis
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Lui è il cantante dei Crocodiles, band di San Diego che ha all’attivo due album. Lei la frontwoman delle Dum Dum Girls, gruppo californiano di sole donne. Coi loro rispettivi gruppi scorribandano nei territori dell’indie/pop, entrambi ostentano un amore profondo per il lo-fi. Il feeling che Brandon e Dee Dee mostrano sul palco ha finito per legarli affettivamente anche sotto il profilo umano. NME li ha trattati bene, scrivendo sulle Dum Dum Girls “molto più che un altro pastiche di garage rock, queste donne hanno un cuore vero” (Ash Dosanjh) e recensendo Sleep Forever dei Crocodiles in questi termini: “Qui è dove le creature striscianti dell’oltretomba noir/pop trovano le loro ali” (Mark Beaumont). Brandon Welchez e Kristin Gundred (in arte Dee Dee) sono in giro per il mondo a proporre brani riarrangiati dei loro rispettivi gruppi, in Italia in meno di dieci giorni propongono otto date. Oggi tocca ospitarli all’Always Never Again in collaborazione col B-Alternative. Per l’occasione un opening act d’eccezione e sotto una veste insolita: i Soviet Soviet, band post/punk italianissima che sta conquistando l’Europa a suon di date e che quest’anno ha rilasciato per Tannen Records l’album “Summer Jesus”, si cimentano in una performance acustica. Le luci soffuse della sala rendono ancora più intimo il soundcheck, provo ad appuntarmi qualche prima impressione ma non faccio a tempo a poggiare la penna sul foglio che mi vedo comparire una mano tesa ed un sorrisone che esplode in un «Brandon!», Dee Dee è più silenziosa ma basta poco per capire che in realtà è un diesel. Dopo qualche minuto siamo seduti a parlare del jetleg, di Napoli che li attende per la serata seguente e di quanto è cool Paul Simonon che si fa arrestare in incognito durante una retata Greenpace. I Soviet Soviet arrivano in ritardo per il maltempo ma il loro soundcheck va liscio come l’olio anche perché nelle fatidiche quattro chiacchiere prima del concerto mi anticipano che a loro questa veste acustica non dispiace e soprattutto è già abbastanza rodata. Decido di sedermi per godermi la sala che inizia ad affollarsi e le facce curiose delle persone che all’ingresso si ritrovano il mixtape della serata in regalo quando ricompare Brandon che maledice Dee Dee per esser riuscita a dormire mentre a lui è toccato pulir le scarpe e far finta di rilassarsi. L’angolo intervista non fa che ribadire quanto i due siano persone semplici e alla mano, non hanno problemi a svelare che in realtà si sono messi a suonare in coppia per recuperare tutto il tempo che li tiene separati dagli impegni con le rispettive band, che ci stanno prendendo gusto a proporsi in questa veste, tanto che hanno già da parte del materiale inedito e che la scena indie americana è molto friendly dato che ci sono pochi gruppi e si conoscono tutti, e tutti sono bravi ragazzi e in fondo si vogliono tutti bene. Quando attaccano i Soviet Soviet la curiosità mi fa perdere di vista la coppia a stelle e strisce. Il trio di Pesaro più che un set acustico vero e proprio, regala quaranta minuti di repertorio da luce sommessa e non sparata in faccia come i loro dischi e live esplosivi fanno senza complimenti. L’effettistica rimane il tappeto sul quale ritmiche serrate e il cantato poggiano per sferrare calci allo stomaco che, se non proprio al primo brano, fanno muovere prima le capocce e poi corpi interi. Il mood dell’esibizione di oggi rende più esplicito il loro debito nei confronti dei Cure rispetto a quanto si possa ascoltare nell’arrangiamento originale dei pezzi. Mi ritrovo Dee Dee sulla destra che mi fa un occhiolino di soddisfazione e ammirazione per gli opening act della serata che salutano e ringraziano con “Curami” dei compatrioti C.C.C.P. Brandon e Dee Dee collegano le chitarre e iniziano a suonare, così: naturali e a loro agio. La maggior parte dei brani in scaletta sono di “Sleep Forever” dei Crocodiles ma l’intesa musicale e sentimentale della coppia prende corpo in “Bedroom Eyes delle Dum Dum Girls. Trasformano i gesti d’affetto del pre-concerto in occhiate complici e affettuose. Musicalmente impeccabili, mi fanno toccare con mano quello che intendevano quando cercavano di descrivere il loro live con un semplice aggettivo: «easy!». Ed è proprio così: la loro esibizione è semplice, spontanea. Sembra di avere davanti due folk singer americani sbucati fuori dai favolosi Sixties. I punti rossi fumanti delle sigarette e le birre non riescono a nascondere il refrain di ”I Wanna Kill” che dalla sala si alza timido ma fa sorridere Dee Dee. Quando i due scollegano le chitarre i loro calici sono ancora a metà, hanno pensato bene di sorseggiare il vino durante il djset assaporandone lentamente il gusto, così come hanno fatto sorseggiare il proprio repertorio ad un pubblico ammaliato dal loro appeal.
Articolo del
26/11/2011 -
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