Thurston Moore Thurston Moore live @ Auditorium Parco della Musica, Sala Sinopoli - Roma, 8 dicembre 2011 Roma  8/12/2011 di Andrea Salacone

Artista cult da almeno vent’anni (l’uscita dell’album dei Sonic Youth Daydream Nation, pietra miliare nella storia della musica indie e dintorni, risale al 1988), Thurston Moore deve ancora delle scuse agli incauti acquirenti, il sottoscritto compreso ahimè, per il cofanetto pubblicato nel 1999 dalla sua Ecstatic Peace in collaborazione con l’etichetta discografica Father Yod dedicato al chitarrista Loren Mazzacane Connors, Unaccompanied Acoustic Guitar Improvisations: quattro compact disc strumentali di nenie a base di sei corde acustica e lamenti miagolanti, opera di una pallosità monumentale. A suo tempo pensammo se ne potesse proporre l’ascolto quotidiano per qualche settimana ai detenuti nelle carceri di massima sicurezza degli Stati Uniti in cui vige ancora la barbarie della pena di morte: la grazia come compenso al supplizio cui sarebbero stati sottoposti.

Ecco perché ci aspettavamo tanto dall’esibizione di Moore, ma le attese sono state in parte deluse. Spiritoso intrattenitore sul palco, tanto da dedicare un brano ai gestori di una trattoria sperimentata durante il suo soggiorno romano, l’artista ha offerto una performance carica di intensità, tuttavia priva –diciamocelo – di pezzi memorabili. Eseguite da un musicista “non di culto”, le stesse canzoni avrebbero davvero fatto andare in visibilio i presenti come è accaduto stasera? Disco pregevole Demolished Thoughts, ma si meritava le cinque stelle regalategli da tanti giornalisti? E poi, errore madornale, mancava un basso che desse rotondità e corposità ai suoni un po’ striduli prodotti dalle due chitarre acustiche (spesso una dodici corde quella usata da Moore), dall’arpa e dal violino. Da ricordare, comunque, oltre alle magiche atmosfere della Sand And Foam di Donovan diffusa dagli altoparlanti prima che la band entrasse in scena, la lunga January, con un tocco psichedelico, le dolci Blood Never Lies e In Silver Rain With A Paper Key, e in chiusura Feathers (eseguita nel secondo bis).

Caro Thurston, confidiamo in un concerto più avvincente... in fondo ci devi ancora qualcosa.