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Il musicista, compositore e produttore australiano Ben Frost si è trasferito da diverso tempo ormai a Reykjavik, in Islanda e da lì continua a dipingere quadri musicali di assoluta bellezza per quanto di ardua collocazione nella scena musicale in cui viviamo. Elettronica? Minimalismo? Avanguardia? Queste tre componenti costituiscono di certo l’asse portante della sua musica, ma non sono le uniche e - nel corso del tempo - il suo discorso si è evoluto arrivando a toccare anche temi musicali di stampo classico o di derivazione mistica e religiosa. Ricordiamo Steel Wound, un bellissimo album di musica ambient del 2003, l’affascinante Theory Of The Machines del 2007 o ancora Solaris, realizzato più recentemente con Daniel Bjarnason, un compositore islandese di musica classica, noto per aver collaborato con i Sigur Ros.
Questa sera, all’interno della Chiesa Evangelica Metodista di Via XX Settembra a Roma, c’è l’atmosfera giusta per disporsi all’ascolto di una nuova performance di Ben Frost che ci propone le composizioni realizzate per By The Throat, del 2009, un album davvero ostico, che sa essere spaventoso ed agghiacciante, ma che contiene anche momenti di alta musicalità, di una epicità drammatica che trascende la melodia. Le luci sono molto basse all’interno della Chiesa, i banchi sono disposti lateralmente, uno spazio ideale pronto ad accogliere in silenzio l’ingresso del musicista. Suoni ancestrali si mescolano con passaggi elettronici davvero inquietanti, che finiscono per prendere il sopravvento. L’ululare dei lupi, veri protagonisti di questo “Per la Gola” comincia ad entrare all’interno delle composizioni, accompagna il fluire della musica, si trasforma poi in un ringhiare minaccioso e furente. Lo spavento è palpabile, i suoni riproducono i passaggi dell’anima, melodie spezzate, rumori angoscianti dai quali ogni tanto emerge una partitura di pianoforte. Il minimalismo di avanguardia caro a Steve Reich sembra quasi voler scendere a patti con l’alternative metal o l’autolesionismo punk. Notiamo l’assenza di un qualsiasi punto di riferimento convenzionale, la voracità del lupo diventa accompagnamento delle note di pianoforte, è una sensazione viscerale, la sentiamo dentro di noi, nel corpo, non è un esercizio mentale, siamo davvero sotto assedio. L’impatto è micidiale, il coinvolgimento emotivo è così forte che si rischia lo stordimento. Il set elettronico in cui ci troviamo immersi esplora territori musicali che rasentano l’azzardo. E’ il suono dell’Apocalisse, è un tentativo di codificare il Male, è il Black Metal che diventa ospite inatteso della musica Ambient.
Ciò nonostante l’approccio musicale di Ben Frost cattura l’ascolto, grazie anche ai mirabili disegni di luce che mettono in risalto le decorazioni delle pareti della Chiesa e indugiano in particolare sulla croce posta al centro, dietro all’altare, che diventa simbolo di riscatto, oggetto di una richiesta di protezione e di rifugio. Sono in molti ad evocare l’influenza della musicalità degli Swans di Michael Gira sulle più recenti elaborazioni di Ben Frost e in effetti l’universo sonoro è simile. Passaggi musicali oscuri, armonie appena accennate che però, all’improvviso, sembrano voler risorgere e quelle impennate assumono allora un carattere epico, ultimativo e finale, quasi come se l’Uomo cercasse disperatamente di liberarsi dalla morsa del Lupo, che lo attacca alla gola. Una esperienza unica, una serata che va oltre la musica elettronica generalmente intesa. Per una volta la musica non è intrattenimento, ma segnale d’allarme di una società Occidentale sempre più sola, sempre più fragile e in disfacimento.
Articolo del
31/01/2012 -
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