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Fa freddo come in pochi altri inverni in questo periodo a Roma. Chissà forse nevica, o magari no... Ci sono tante incertezze la sera del 7 febbraio, pian piano spazzate via dal vento gelido, ma che almeno si tramutano in certezze: nevica domani e Pete Doherty c’è, quindi stasera suona all’Atlantico! Sembrava che fossero davvero pochi inguaribili ottimisti a credere nella presenza del menestrello di Camden Town stasera nella città eterna, invece il passaparola e la buona sorte meteorologica alla fine hanno stanato anche i titubanti ed i curiosi dell’ultima ora, che si sono ritrovati all’ex Palacisalfa, accolti dal dj-set di Touch The Wood prima, quindi Fabrizietto, preludio alla band di apertura, i promettenti Deadbeats. La compagine romana sfodera un repertorio post-punk frizzante e di buon livello, trascinati in particolar modo dal frontman Riccardo Carotenuto Jr, uno cresciuto (e si vede) a “latte e concerti” fin dalla tenera età. I quasi duemila accorsi all’Atlantico sono caldi, si infiammano per un attimo quando il loro eroe Pete Doherty fa capolino sul palco prima del tempo, per introdurre Soko, gesto insolito ed inaspettato, che dimostra ancora una volta quanto il musicista inglese sia in realtà molto più anti-divo e genuinamente spontaneo, che il “fenomeno mediatico” costruito grazie al gossip ed agli scandali di droga, come lo descrivono alcuni. Non è ancora (per parafrasare un pezzo dei Libertines) Time For Heroes però, ora è la volta di Stéphanie Sokolinski, in arte Soko, che “avverte” i presenti su quanto il suo genere sia molto più quieto, ritenendolo evidentemente “doveroso” dopo la performance dei Deadbeats. I ritmi sono effettivamente blandi, tanto che i più ne approfittano per andarsi a rifocillare al bar, in attesa della portata principale.
Dopo una non indimenticabile mezz’oretta di Soko finalmente ci siamo, è tutto pronto per il tanto atteso ritorno a Roma di Pete Doherty, che i più affezionati attendono dal febbraio del 2008, data dell’ultima performance nella Capitale dei Babyshambles, cui si sarebbe dovuto aggiungere anche un altro concerto, però annullato, qualche mese dopo e che doveva aver luogo proprio all’Atlantico. Stavolta fila tutto liscio: Pete Doherty sale sul palco, i fan impazziscono, i curiosi hanno finalmente pane per i propri denti, chissà come sarà in questa veste solista chitarra e voce, i quesiti lasciano lo spazio alle note di Arcady, il pezzo di apertura non solo di questo concerto ma anche del suo recente album di esordio Grace / Wastelands. L’atmosfera è calda, un paio di estratti dal repertorio ‘Shambles, Killamangiro e Beg, Steal And Borrow, quindi un altro pezzo tratto dal lavoro solista, il singolo riconosciuto dai più e di conseguenza molto acclamato The Last Of The English Roses, sul quale fanno il loro ingresso sul palco anche due splendide ballerine, perché anche l’occhio vuole la sua parte... Pete è in serata di grazia, è in forma, interagisce alla sua maniera con il pubblico che ad un certo punto lo “omaggia” di un paio di calzettoni della Roma che l’ex Libertine indossa immediatamente dividendo “suo malgrado” i fan di fede romanista dai laziali, il tutto sempre tra l’ilarità generale. La performance romana dà modo anche di assaporare qualche novità, come Prison Of Your Mind, che anticipa un’altra gradita sorpresa, la presenza di Peter Wolfman, musicista / poeta dallo stile di vita alquanto bohemien, non a caso amico di vecchia data di Doherty. I due hanno composto diversi brani, tra questi il più noto è For Lovers, riproposta per l’occasione. E’ l’unico pezzo nel quale Wolfman si presenta sul palco, sebbene in scaletta ci sia anche Back From The Dead, altra canzone che i due hanno scritto insieme. Il concerto riserverà ulteriori classici e chicche, di tutte le epoche, uno spaccato della carriera di Pete Doherty che racchiude un po’ tutta la sua essenza, dall’immancabile Albion a What Katie Did, da Don’t Look Back Into The Sun a Can’t Stand Me Know, passando per Grimaldi e Music When The Lights Go Out.
Prima della trionfale chiusura con il super-classico Fuck Forever (ormai un inno) c’è tempo per un altro inedito, Bird Cage, è l’epilogo di un concerto godibilissimo, che ha dimostrato come il valore di Pete Doherty che di certo non va a fondarsi sulla tecnica, bensì su altre qualità, sia comunque innegabile. L’artista inglese sa indiscutibilmente tenere il palco, che sia accompagnato da band oppure no, in questa veste di solista è stato bravo a saper rendere l’atmosfera calda fin dal primo momento, come se in questa fredda serata invernale si fosse acceso un fuoco e ci si fosse messi tutti insieme a cantare, seguendo il ragazzo con la chitarra, come nella miglior tradizione di ogni falò che si rispetti.
SETLIST:
01- Arcady 02- Killamangiro 03- Beg steal and borrow 04- Last of the English roses 05- Prison of your mind (nuova) 06- For lovers 07- Sheepskin tearaway 08- Albion 09- Back from the dead 10-What katie did 11- Don't look back into the sun 12- (nuova) 13- Grimaldi 14- Music when the lights go out 15- Can't stand me now 16- The boy looked at Johnny 17- Bird cage (nuova) 18- Fuck forever
(Nella foto: Pete Doherty e Nicholas Matteucci)
Articolo del
13/02/2012 -
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