Pontiak Pontiak live @ Circolo degli Artisti – Roma, 1 marzo 2012 Roma  01/03/2012 di Giuseppe Celano

L’ultima volta erano passati per la Capitale e c’era stata pochissima gente. Non avendo ancora acquisito il dono dell’ubiquità, li avevamo persi anche noi, optando per gli Sleepy Sun a Torino. Stavolta non manchiamo all’appello, l’occasione di vedere questa poderosa band è troppo ghiotta per commettere due volte lo stesso errore.

Ore 22.30 e fa caldo. Fuori c’è un bel po’ di gente, quindi ‘affanculo’ l’inverno, la crisi, l’assenteismo del 2011 e il cambio di rotta del Circolo degli Artisti. I Pontiak presentano Echo Ono, nono e altrettanto valido disco della loro brillante carriera. Intorno alle 23.00 la formazione guadagna lentamente il palco, mentre il pubblico è già abbastanza carico. Bastano le prime intriganti note del basso, secco e distorto, a dettare i ritmi di una serata che non dimenticheremo facilmente. Formazione a tre, con basso e chitarra in avanti, i Pontiak pescano a piene mani dal presente (Lion Of The Least) e dal passato (Laywayed), alternando momenti di pieno flusso psichedelico (The Expanding Sky) a passaggi più diretti (Shell Skull). Non c’è un solo minuto di stanca, nessuna sbavatura e anche se l’impianto penalizza leggermente il batterista nei tom e timpani, la sezione ritmica è capace di spostare una montagna senza il minimo sforzo (Across The Steppe).
Il pubblico, manco a dirlo, è tutto dalla loro parte: ondeggia (Algiers Of Day), rallenta e parte in headbanging feroce (Young), in sintonia con i saliscendi armonici creati dalla stridente diavoletto di Van e dalle (pre)potenti iniezioni del basso ad opera di Jennings. Fra i due s’inserisce il terzo fratello infilando controtempi e pattern pesantissimi, suonati con una forza muscolare impressionante tesa a recuperare quel gap dell’amplificazione. Lain ha una guerra personale con le pelli, alla fine ne rimarrà solo uno, lui. E noi ce ne torneremo a casa felici di sanguinare.

Dai Cream a Hendrix passando per i Motorhead, la storia (musicale) ci insegna che il power trio è l’assetto più devastante per i live. Siamo dello stesso parere e ciò che abbiamo visto stasera irrobustisce questa teoria, che nei poliedrici Pontiak trova un’ennesima conferma.
Devastanti.