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Ha ragione da vendere Simon Reynolds, quando scrive che finora la musica del Terzo Millennio lo ha deluso e che gli artisti dell’ultima generazione sono bravi soprattutto a fare copia e incolla, ossia a riciclare quanto già elaborato e codificato negli anni Novanta e Ottanta (e ancor prima) e a riproporlo senza posa. Si sentono ancora, com’è ovvio che sia, degli sporadici “avanzamenti”, ma di base sono microscopici e marginali, e all’orizzonte non si intravedono inediti paradigmi. Ma per fortuna qualche volta il miracolo avviene. Una di quelle/i che si è elevata dalla mediocrità imperante è Merrill Garbus, originaria del Connecticut, dove ha avuto esperienze in teatro, e da qualche anno passata a far musica a Oakland nella Baia di San Francisco. Con whokill, suo secondo album a nome tUnE-yArDs, la Garbus ha creato uno spettacoloso cocktail di dissonanti pop-songs passate al frullatore di un impietoso culture clash in chiave blue-eyed e minimalista tra Africa e Gangsta Rap. E’ così riuscita nel duro intento di rompere la monotonia del 2011 e ha dato vita a una delle prime vere riconosciute perle indipendenti di questo inizio secolo. Dopo aver ascoltato cotanta meraviglia, pertanto, l’appuntamento con i tUnE-yArDs al Lanificio in occasione del loro primo tour italiano è diventato uno di quelli da segnare col più classico dei circoletti rossi. Avremmo voluto anche farci una chiacchierata, con Merrill, ma ci è stato risposto che per tutto l’attuale tour ha deciso di non rilasciare interviste al fine di non sforzare la voce. Sul momento ci è sembrato un comportamento strano, da “diva”, ma dopo aver assistito al concerto abbiamo capito che tutto sommato aveva buone, anzi ottime, ragioni per evitare di concedersi. La voce di Merrill, infatti, non sarà tutto, ma rappresenta almeno il 50% della musica dei tUnE-yArDs.
Purtroppo arriviamo sul luogo con un leggero ritardo (trovare un parcheggio libero il sabato sera nei pressi del Lanificio non è la cosa più agevole del mondo), così quando con fatica (dato il sold-out) giungiamo nei pressi del palco, i tUnE-yArDs sono già alle prese con il secondo - o terzo, considerando una lunga intro improvvisata - pezzo in scaletta, l’ipnotica Es So. Ad affiancare la Garbus sul palco ci sono il suo principale collaboratore Nate Brenner al basso elettrico e percussioni, e due spettacolosi nerds ai fiati oltreché, anch’essi, impegnati con vari tipi di strumenti percussivi. Tutti nei tUnE-yArDs, infatti, percuotono qualcosa: anche la stessa Merrill tambureggia a tutto spiano, e il resto del tempo lo passa imbracciando un minuscolo vissutissimo ukulele o manipolando un ingegnoso sistema di effetti elettronici. L’atmosfera è gioiosa e tribale, quasi un party californiano trasferito nella Città Eterna. Prevale l’Africa profonda, per via delle ritmiche multiformi della drum-machine oltre che del canto urgente e viscerale di Merrill (leggermente roca, stasera, la sua voce: ecco forse il motivo del totale riposo pre-concerto) rimandato più volte in loop come se ne tornasse l’eco dall'estremità della savana. Ma nei brani dei tUnE-yArDs c’è anche tanta aggressività hip-hop, sapori giamaicani e qualche richiamo alle dissonanze dei Sonic Youth, una band che Merrill Garbus ha spesso indicato tra le sue preferite. Lei, Merrill, più bassa e grassoccia di come ce l’aspettavamo (e da come appariva nelle foto) è una sagoma, col volto truccato a mo’ di pellerossa e il sorriso stampato perennemente in volto che dà l’idea di quanto se la stia spassando. Divertimento che contagia anche tutti noi, specialmente quando lei grida a squarciagola nel microfono: “what’s a boy to do if he’ll never be a rasta...!?” e la serata vira sui due grandi pezzi pop del suo repertorio, quei Gangsta e Bizness che rendono impossibile tenere a freno le gambe e le braccia. La festa è completata dall’arrivo sul palco di una torta con un’unica candelina, allorché Merrill svela che proprio stasera festeggia il 33° compleanno. Scontati i cori generali di “happy birthday” prima del finale affidato a My Country con il duo di saxophon/percussionisti scatenati a dare spettacolo. Poi ancora un bis, più che altro un’estemporanea improvvisazione a base di ritmiche tribali, sax scatenati e riverberi vocali a manetta che accompagna i tUnE-yArDs verso la fine del concerto, e il meritato riposo nel retropalco.
“Era la prima volta che venivamo a Roma e non sapevamo cosa attenderci”, ci ha detto Merrill sul finale, “pensavamo che al massimo sarebbero venute a vederci cinque persone, e invece...! Ora che sappiamo che siete tanti, torneremo di nuovo...!” Be’, è poco ma sicuro che nel caso torneremo anche noi, e magari la prossima volta cercheremo di essere presenti fin dall’inizio, senza perderci neanche una nota. Miglior concerto (finora) dell’anno.
SETLIST:
Improv./Killa You Yes You Es So Riotriot Powa Killa Real Life Party Gangsta Bizness My Country
Encore: Party
Articolo del
06/03/2012 -
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