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Serata di musica potente al Traffic. Alle 21.30 ritiro il pass chiedendo se è un sold out, la risposta del gestore è un ironico “magari”. Fortunatamente, quando gli Helmet cominceranno a suonare (verso le 23.30 per terminare dopo quasi due ore tirate al massimo), la sala è piena, non è sold out ma poco ci manca.
L’opening act è il trio nordirlandese Fighting With Wire la cui proposta è un alternative rock che unisce voci e cori alla Blink 182 con un sound decisamente più robusto e una ritmica incalzante. Niente di originale ma comunque gradevole, i tre ragazzi sanno il fatto loro e pestano per buoni quaranta minuti.
Alle 23.30 quel muro del suono chiamato Helmet guadagna il palco. Appare inutile affibbiargli un genere preciso, gli Helmet sono gli Helmet e basta, ne siamo tutti consci. Del nucleo originale resta solo Page Hamilton come voce e chitarra solista, affiancato da tre nuovi soci Dan Beeman alla chitarra ritmica, Dave Case al basso e Kyle Stevenson alla batteria (un vero portento produttore di ritmi mai ordinari, eseguiti con una precisione e potenza che rare volte capita di ascoltare) Le prime tre canzoni contengono due perle: Renovation, su cui parte lo stage diving, e Like I Care con Hamilton impegnato in un solo che unisce misura e cenni di psichedelia. Page è ottimo entertainer, durante il solo chiede più luce per poter vedere le proprie dita sulla tastiera, con gioia degli astanti, poi annuncia la riproposizione integrale di Meantime in ordine inverso alla tracklist. Il boato della sala gli fa capire, se mai avesse avuto dubbi, che TUTTI SIAMO PRONTI.
Role Model ci regala un devastante solo, FBLA II mette in evidenza Stevenson che domina perfettamente i cambi di tempo della canzone offrendo a Page un perfetto supporto per un altro potentissimo solo nel bridge. You Borrowed offre una prova di compattezza decisamente degna del gruppo mentre Better mette ancora in evidenza Stevenson nei cambi di tempo. He Feels Bad regala un canto sofferto soprattutto nel ritornello per poi finir in uno strepitoso solo. Page assicura, quasi scusandosi con il pubblico, che stanno suonando a volume basso date le ridotte dimensioni del posto ma a venti metri dal palco ci si sente “pettinati” dalle vibrazioni e dalla cassa della batteria. Si riparte sulle note di Turned Out. Chiude il poker d’assi Unsung, col suo micidiale riff di basso iniziale che si evolve poi in una prova di potenza corale assoluta, Give It granitica come poche cose e con un paio di cambi di tempo micidiali che ci inchiodano a terra, Ironhead con quel potentissimo riff ritmico e infine In The Meantime, summa del disco. Su quest’ultima, mentre Page urla: “IN THE MEANTIMEEEE”, possiamo solo finire di saltare godendo all'inverosimile. Scusate la franchezza ma così è stato!
Hamilton presenta il gruppo e saluta ma, ovviamente, il bis è dietro l'angolo. I “nostri” risalgono sul palco per regalarci altre cinque canzoni prima di lasciare il locale. Di queste cinque perle le più splendenti sono Milquetoast in controtempo finale e Just Another Victim, presente sulla colonna sonora di Judgement Night. Dopo aver saltato e sudato, come Tyson in allenamento, reintegro i sali con una birra che dedico agli Helmet. Thanks for the show guys!!!
Articolo del
19/03/2012 -
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