|
Rigoroso e silente, ombroso e affascinante, John Cale si esibisce all’Orion di Ciampino con la sua giovane band per presentare dal vivo i brani di Extra Playful, il mini cd che anticipa l’uscita del prossimo album e per riproporre alcuni brani della sua lunga carriera solistica. Nessun accenno ai Velvet Underground di Andy Warhol, gruppo storico del rock underground alla fine degli anni Sessanta, nessun ricordo di Nico o riferimento all’amico-antagonista di sempre Lou Reed. Solo un tributo, quello a Ray Johnsons, artista visuale di Pop Art, conosciuto a New York nel 1963, fondatore della New York Correspondance School. E’ a lui che dedica Hey Ray una delle canzoni del nuovo E.P., una sorta di funky-rap elettronico, eseguito alle tastiere con grande maestria, e con grande gusto.
Ruvido, essenziale, con una vocalità roca e profonda John Cale a 70 anni compiuti è ancora in grado di sorprendere i presenti (non molti in verità, al massimo 150 persone) ed esegue un repertorio completamente diverso da quello in parte celebrativo che avevamo ascoltato durante le sue precedenti esibizioni all’Auditorium Parco della Musica. Uno dei primi brani infatti è Captain Hook tratto da Sabotage - album pressoché introvabile - una ballata elettrica carica di una drammaticità dai contorni epici, volutamente ossessiva: “I can’t keep living like this no more/ can’t you see you’re losing me”. Momenti di brivido e di sorpresa fra il pubblico, molti dei quali - nostalgici Velvet e basta - neanche conoscevano certe perle dei suoi album solo. Riconosciamo delle citazioni da Hobo Sapiens, un disco del 2003, fra le quali la fantastica Look Horizon, che vede l’iniziale tappeto di tastiere interrotto da una frattura chitarristrica tipicamente hard rock, o la più piacevolmente andante Things, che rivela atmosfere sessantine. Spazio anche ad alcuni brani tratti da Black Acetate, album del 2005, dal quale ripropone il rock tirato e furente di Sold-Motel.
Il tempo sembra non passare per John Cale, dal fisico asciutto, con poca voglia di passato, impegnato con il suo gruppo a scrivere brani nuovi, come la deliziosa Catastrofuk, oppure anche Perfection e Whoddya Mean By That?. John Cale, musicista gallese che si trasferì a New York negli anni Sessanta e che per la sua formazione artistica deve tutto a La Monte Young, il geniale direttore del Theater of Eternal Music, ha conservato la vena sperimentale di allora e la adatta ad ogni sua nuova creazione musicale. Molto belle le sue esecuzioni di Helen Of Troy e di Amsterdam, due ballate che risalgono ai primi tempi della sua carriera solista, divertente invece Satellite Walk, per un artista vero, capace a volte di non prendersi troppo sul serio.
Siamo quasi alla fine, potrebbe chiudere il suo live act alla grande, con qualche citazione dal repertorio Velvet Underground. Ma no, lui non lo fa: John Cale non è mai stato un’artista autoreferenziale, è soltanto un musicista in tour con la sua band, uno dei tanti, un uomo che sa ancora rischiare, che vuole ancora sporcarsi le mani. Il concerto finisce con una splendida, irriverente versione di Dirty Ass Rock And Roll: sì, un “Rock and Roll del culo sporco”, uno schiaffo all’iconografia dell’Arte e della Musica che alcuni vogliono sempre scrivere con le lettere maiuscole. Lui no, è già oltre, saluta tutti ma non ritornerà ancora sul palco: non concede un minuto di più.
SETLIST:
1. Captain Hook 2. Bluetooth Swings 3. Hey Ray 4. Riverbank 5. Look Horizon 6. Perfection 7. Praetorian Underground 8. Cry 9. Helen Of Troy 10. Amsterdam 11. Sold-Motel 12. Catastrofuk 13. Things 14. Whaddya Mean By That 15. The Hanging 16. Satellite Walk 17. Dirty Ass Rock 'n' Roll
Articolo del
20/03/2012 -
©2002 - 2025 Extra! Music Magazine - Tutti i diritti riservati
|