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Neanche quest’inverno c’era stato un week end cosi piovoso. Un piccolo ciclone, denominato Lucy (ma senza in the sky with diamonds), si è piazzato sulla capitale ammorbando la movida notturna. Ma non è bastato a fermare gli amanti della musica di stampo Seventies che venerdì sera si sono ritrovati all’Init per l’arrivo dei funambolici Radio Moscow. Era dai tempi di Brain Cycles che avremmo voluto vederli dal vivo, oggi niente avrebbe potuto fermarci dall’essere presenti a questa chiamata ingiuntiva.
Sono quasi le 23.00 quando arriviamo al locale, sul palco si muove un duo hard-rock blues senza lode né infamia, in alcuni momenti sembrano la cover di qualche band storica in altri mostrano delle idee proprie che però emergono con difficoltà. Optiamo per un vodka lemon (che ne corso della serata diventeranno tre) tanto per far passare il tempo durante il necessario cambio palco. Nel frattempo il pubblico si sposta verso il palco aspettando l’arrivo del trio di Story City (Iowa). Nonostante lo split invernale, a seguito di controversie esplose in un lancio di chitarra sul batterista che a sua volta ha risposto con un effetto boomerang costato otto punti in testa a Griggs, la band non sembra aver minimamente risentito di questo cambio di formazione. Pochi minuti dopo le 23.30 a destra ritroviamo il leader in forma smagliante e con almeno tre birre a portata di mano (che non mancherà di sorseggiare dopo ogni canzone), la mano sinistra del diavolo è invece il nuovo bassista Billy Ellsworth e al centro, come un demone ritmico impegnato alle pelli, c’è seduto Lonnie Blanton. Dire che le hanno fatte tutte è un eufemismo: la band di Griggs pesca a piene mani dal passato di Brain Cycles tirando fuori una sanguigna 250 Miles, che dal vivo mostra tutte le sue vene risalite in superficie per raffreddare lo scorrere di blues caldo e viscoso. La temperatura sale notevolmente con una versione al fulmicotone di Little Eyes dell’ultimo lavoro per poi stabilizzarsi sulle note di Densaflorativa in cui Billy diventa il gemello di Lonnie in un chiaro omaggio agli Zeppelin di Black Mountain Side / White Summer. Il pubblico mandato in estasi apprezza adorante e spinge sull’ego di Griggs che parte con una fulminante versione di Creepin’, seguita da I Just Don’t Know, immancabile nella sua veste hard-rock in pieno stile Blue Cheer. La musica dei Radio Moscow è un flusso magmatico di assoli, di ritmiche potenti e tribali, un gioco di specchi che rimanda al fulcro ben saldo fra le dita di Parker, una furia assoluta sulla sua Fender Stratocaster, il cui ruggito è impastato da una pedaliera che espone cry-baby, fuzz, delay e altre diavolerie i cui potenziometri sembrano settati a + 11. I richiami agli anni Settanta e allo strapotere della sei corde sono innumerevoli, gli stacchi ritmici, i cambi improvvisi e le jam improvvisate mostrano una band affiatata che si muove in scioltezza. Capaci di passare da pezzi acustici, (Black Boot) a veri e propri ‘pièce de résistance’ come la schiacciante versione di No Jane, i Nostri sfoggiano argomentazioni e armi persuasive. Il loro show è puro piacere per occhi e orecchie. Mutuato dai grandi e corrosivi live del passato, in cui gareggiavano le band più importanti che la musica abbia mai prodotto, l’esibizione di un’ora (mai il tempo è stato cosi veloce e tiranno) dei Radio Moscow tira in ballo i Cream, adora Jimi Hendrix, fa il verso a Jimmy Page suggendo linfa vitale dall’atteggiamento logorroico degli Allman Brothers Band.
Insomma questa è musica suonata, è carne al fuoco con esili anelli di fumo, non ci sono specchietti per le allodole, è un sound muscolare, autocelebrativo se volete, uno schiaffo (ai vari Cani e bluff indie di ogni tipo) cosi potente da creare le vertigini e k.o. tecnici definitivi. Long Live Rock And Roll diceva qualche anno fa un signore che per anni ha militato nei Deep Purple e Rainbow, e noi non possiamo che augurarci che sia cosi per molto, molto, tempo ancora!
Articolo del
16/04/2012 -
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