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Arriva decisamente un po’ tardi il primo tour italiano degli Undertones, storica punk rock band originaria di Derry, Irlanda del Nord, da dove è cominciato tutto nel lontano 1978. Il gruppo è noto per un paio di singoli indovinati e per aver aperto i concerti dei Clash negli U.S.A. Insieme ai Buzzcocks hanno coniato un approccio al punk che si rivelerà molto influente sulle generazioni successive e il semplice nome Undertones costituisce ancora un forte richiamo per il pubblico. La formazione originaria della band prevedeva Feargal Sharkey alla voce ma - dopo lo scioglimento del gruppo, avvenuto nel 1983 - gli Undertones sono tornati alla ribalta nel 1999 con un nuovo frontman, tale Paul McLoone, con il quale hanno registrato altri due album. Il resto della band è ancora composto dai fratelli John e Damian O’Neill, alle chitarre, dal gigantesco e inossidabile Michael Bradley, al basso, e dal poderoso Billy Doherty, alla batteria.
Una serie di eventi fortuiti di natura casalinga mi fa arrivare al concerto in ritardo, incerottato e sanguinante da una mano, ma tutto questo non mi deprime, al contrario, mi esalta. Le note di Family Entertainment e di Girls Don’t Like It, entrambe tratte dallo storico debut album del 1979, semplicemente intitolato The Undertones, dimostrano che l’energia è ancora quella giusta, malgrado l’età dei musicisti, troppo giovani per la pensione, ma forse troppo vecchi per fare punk. Seguono altri brani storici come Male Model e Here Comes The Summer e cominciamo a divertirci sul serio. La mancanza di Feargal Sharkey, il vocalist originario, toglie però qualcosa ad un repertorio fatto di brani semplici, quanto mai diretti e immediati, che diventavano importanti proprio grazie ad una interpretazione originale. Paul McLoone invece ci mette tanto impegno, ma la sua voce - per quanto altisonante - non convince del tutto. Certo, come frontman si rivela pieno di iniziative sulla scena (d’altra parte ha dieci anni di meno rispetto agli altri), ma il suo incedere impettito, con la camicia sbottonata in bella mostra, e i suoi saltelli energetici e vitalizzanti rendono forse più efficace l’intrattenimento, ma hanno ben poco della malevola scelleratezza e dell’autoironia del punk originario. Ciò nonostante ci godiamo la serata, anche perché siamo tutti in attesa dell’esecuzione di Teenage Kicks, il singolo dei singoli, il pezzo che identifica in soli tre minuti la storia di un gruppo e forse anche un’intera stagione musicale, breve e significativa. Era il brano preferito da John Peel, lo storico conduttore radiofonico della BBC, la canzone a cui “era impossibile togliere o aggiungere qualcosa”, il brano perfetto dell’epopea punk, che ascoltiamo per la prima volta dal vivo. Impossibile rivivere quei giorni: la gente prova a pogare, ma sotto palco non è più la stessa cosa. Manca il furore iconoclasta di quei giorni, l’anarchia ribelle che si accompagnava con il punk. Abbiamo tutti qualcosa da perdere. Forse è per questo. Cacciamo via questi pensieri, ci godiamo lo strofinio delle chitarre elettriche dei fratelli John e Damian O’Neill (che forse qualcuno ricorda con i That Petrol Emotion a partire dalla metà degli anni Ottanta). La serata prosegue all’insegna di un punk and roll che mescola melodie pop e sferzate elettriche: il basso di Michael Bradley possiede ancora un suono possente e allora via con Jump Boys, un pezzo più recente, al quale fanno seguito altri cavalli di battaglia come Jimmy Jimmy e You’ve Got My Number; subito dopo ecco che arriva l’entusiasmante My Perfect Cousin, altro singolo vincente degli Undertones, che dimostrano di saper tenere la scena, nonostante i limiti e i cambiamenti a cui abbiamo accennato.
La band propone anche brani da Dig Yourself Deep, un disco di quattro anni fa che però non aggiunge molto ai primi tre dischi registrati fra la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta. La serata scivola via fino a tarda notte e - fra citazioni punk, rivisitazioni del combat rock dei Clash, e le note appena accennate di Louie Louie, un classico del Rock And Roll - ci sentiamo testimoni di un cerimonioso ricordo live di un periodo glorioso che non può più tornare.
Articolo del
17/04/2012 -
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