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Qualora qualcuno di voi ancora si ponesse il problema, Requiem For The Indifferent e il relativo tour spazzano via ogni illazione: è ora di finirla di pensare che gli Epica siano solo e unicamente Simone Simons. Maschietti all’ascolto, avete tutta la nostra comprensione: l’olandesina dalla chioma fiammeggiante è un bel vedere, altroché, e se ci si aggiunge pure una voce da angelo caduto l’innamoramento bipartisan è il minimo che ci si possa aspettare. Ma la storia della musica insegna che un frontman (o frontwoman, se è per quello) sovraesposto è altamente tossico per il resto della band. Le luci della ribalta sono accecanti e inebrianti, ma la visibilità uccide se non è supportata da un equilibrio perfetto dell’individuo, e da una forte personalità del gruppo. Fortunatamente agli Epica non mancano qualità e carattere: l’hanno dimostrato pubblicando il quinto album, Requiem For The Indifferent, conquistando un numero impressionante di ultras in breve tempo, e crescendo musicalmente senza mai perdere raffinatezza e potenza evocativa.
Aprono le danze - con teutonica puntualità – i tedeschi Xandria, che, dopo un periodo alquanto tormentato, sembrano aver finalmente trovato in Manuela Kraller la voce e la presenza giusta per il loro grintoso gothic symphonic metal: un successo forse inatteso per i bravi e simpatici Xandria, che giocano furbescamente la carta Fabio D’Amore (Serenity), inserito in corsa in formazione in sostituzione dell’infortunato Nils Middelhauver. L’inizio promette bene e lo confermano gli Stream Of Passion di Marcela Bovio, che stasera si concentrano su brani dal sapore molto europeo, tralasciando i caratteristici elementi di musica folk messicana, chiaro omaggio alle origini della loro leader.
E’ chiaro che tutte queste signore belle, brave e con delle voci da paura catalizzano su di sé l’attenzione del pubblico, ma l’esibizione odierna degli Epica all’Alcatraz prova, se mai ce ne fosse stato bisogno, che non sarebbero arrivati fin qui se alle spalle della soave vocalist non ci fosse stato l’apporto di un collettivo a prova di bomba, dove ognuno apporta il suo contributo come meglio non potrebbe: Mark Jansen, il bello e tenebroso deathster della compagnia, Isaac Delahaye e Coen Janssen, autori di strabilianti duelli tra chitarra e tastiere, quel matto di Ariën Van Weesenbeek dietro alle pelli e, buon ultimo, Yves Huts. Dopo gli Xandria, la maledizione del bassista si abbatte anche sugli Epica, perché anche Rob Van Der Loo, ex Delain e sostituto ufficiale del fuoriuscito Yves, è assente per motivi di salute (e si guadagna a buon diritto la dedica di The Obsessive Devotion). Il progetto MaYaN, roboante creatura di Mark Jansen, mietitore di recensioni entusiastiche con il debut album Quarterpast, ha influito sugli Epica più di quanto ci si sarebbe aspettati. Il chitarrista-vocalist ha avuto infatti modo di sfogare la parte più “maledetta” della sua anima metallara con i MaYaN, e il sound degli Epica nel nuovo lavoro Requiem For The Indifferent ne esce nettamente più coerente, pur perdendo inevitabilmente qualcosa in aggressività. Va detto che l’acustica dell’Alcatraz rende alla vertiginosa vocalità di Simone, e agli Epica in generale, ben altra giustizia rispetto ai festival open air in cui ci eravamo abituati a vederli (quarto concerto in due anni, per quanto mi riguarda, ormai mi considero una stalker ufficiale), e la migliore armonizzazione appiana eventuali asprezze e parti stridenti che lo spazio dell’arena accentua spietatamente. D’altra parte, è anche vero che, rispetto a Design Your Universe e The Divine Conspiracy, l’assalto frontale degli Epica si è indebolito e, a tratti, persino appiattito. L’approccio vocale e gli arrangiamenti, se da un lato si sono fatti meno symphonic, sicuramente meno metal, e quindi - ahi mondo crudele - più pop, dall’altro lato hanno il pregio di essere più diretti e nettamente distanziati dalla ricercatezza gotica degli esordi, che li stereotipizzava un po’. La vera natura degli Epica è fatta di possenti arrangiamenti orchestrali, irresistibili cavalcate, regale senso della melodia: musica colta, superiore, forse un pochino snob, ma infiammata dalle ritmiche di un metal travolgente. Una componente che nei nuovi brani suona certamente più flebile che in passato, ma gli Epica si dimostrano una band con gli attributi, e compensano con carisma e padronanza della scena il fuoco sacro di cui alcuni pezzi difettano. Evitiamo quindi di strapparci i capelli, quelli servono per l’headbanging, e qui stasera ce n’è abbastanza da uscirne con le vertebre del collo scomposte e in testa un turbinio di neuroni che minaccia di accompagnarci per diverse ore.
A dispetto del generale indebolimento sonoro, alcuni dei nuovi brani funzionano decisamente bene dal vivo. E’ il caso di Storm The Sorrow, sorretta dal consueto intermezzo death a firma di Mark che risolleva le sorti di un songwriting altrimenti abbastanza uniforme, della forsennata Internal Warfare, e della delicata Delirium, che riconferma il potenziale di Simone sulle ballatone melodiche. Per il resto, gli Epica che ben conosciamo sono quelli della gloriosa furia di The Obsessive Devotion, Unleashed, Consign To Oblivion, della perfetta armonia di Cry For The Moon, della sublime malinconia di The Phantom Agony e, soprattutto, di una meravigliosa e mai così commovente Tides Of Time; della libertà, l’Aldilà, il ritorno alle radici e alla Natura, l’Apocalisse e l’Era dell’Acquario; mitologia, filosofia e attualità che si fondono in un affresco di rara bellezza.
La profonda dimensione artistica, estetica ed intellettuale degli Epica è, ancora oggi, ciò che li separa dall’essere uno di quei big names che richiamano vere folle oceaniche ovunque vadano. E forse a loro sta bene essere una realtà di nicchia, ma non troppo, e parliamo di una nicchia di gusti e cultura musicale alquanto sofisticati. Ma il loro alto lignaggio non può certo fungere da scusa per chi li accusa di non essere “veri metallari”: il loro ardito accostamento di mondi così diversi come il death e la lirica è ormai una macchina da guerra perfettamente oliata, e i loro show sono sempre un’emozione, quindi, anche stavolta ... HORNS UP!!!
Articolo del
18/04/2012 -
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