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Da dove iniziare? Dalle banalità che tutti vi aspettate: sì, è stato un bel concerto, loro erano in forma, il pubblico numeroso nonostante il prezzo e ha accolto calorosamente la band. Detto questo, la serata non prevede band di supporto, quindi il tempo di mezza pizza, ma mai di mezza pinta, e ci ritroviamo all’interno del locale. La band è già li, aggredisce i propri strumenti di fronte alla sala riempita a metà, che di lunedì sera non è poco, ma che ruggisce come un branco di tigri del Mompracem.
Al sfoggia una voce acida, come il resto del sound, e il nuovo batterista Emil Amos, sostituto di Chris, si accanisce contro il set di batteria posta al centro del palco. Il pubblico omaggia, invoca, esalta e spinge la band che dal canto suo non sembra scomporsi minimamente: per loro produrre quel sound è una passeggiata, la cassa della batteria si setta sul filo dettato dal basso che, quando conduce in solo, si lascia impossessare dal demone di Geezer Butler mentre quando diventa parte integrante della sezione ritmica diventa di una liquidità floydiana periodo A Saucerful Of Secrets. Più che seguire i brani bisogna lasciarsi trasportare dal flusso magmatico della distorsione, più che concentrarsi sul singolo strumento è il sound d’insieme da tenere sotto costante monitoraggio. Cisneros potrebbe dire qualunque cosa, ci parla del suo nuovo disco, della sua prossima discesa settembrina a Torino e ancora Roma ma la sensazione è che se ci mandasse a fare in culo la pioggia di applausi sarebbe della stessa intensità. Della serie “solo a Roma possono succedere”: nel mezzo di una cavalcata mantrica, le cui vibrazioni colpiscono al ventre come pugni di Tyson, mi giro e la sala del Circolo si riempie di ragazzine non al di sopra dei 13 anni. Minigonne, tacchi, scarpe rosse e scollature ansiose di buttarsi in pista. Penso di essere totalmente impazzito, mi rigiro e bevo un sorso di birra nella speranza che l’allucinazione svanisca, ma quando faccio per guardare nuovamente loro sono ancora li e aumentano di numero! Qualcuno ha drogato la mia birra o l’intervento subito all’occhio mi ha mandato in pappa il cervello? Strizzo gli occhi, niente di tutto ciò, quelle sono reali, vive e ancora li.
Intanto Al e soci salutano ma, neanche a dirlo, vengono richiamati a gran voce dal pubblico in adorazione totale: l’ultimo respiro degli Om è un pezzo tellurico, un suono rotondo e schiacciante come una lastra di granito di qualche tonnellata appoggiata sul petto. All’uscita i soliti volti noti escono con qualche vinile in mano, tutti esaltati parlano del prossimo evento da non perdere, il ritorno degli Sleep. Ma io sono troppo stranito, continuo a vedere decine di ragazzini che schizzano via come schegge. Maledette allucinazioni...
Articolo del
28/04/2012 -
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