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“Grande festa alla corte di Francia...” oddio no, non siamo a Versailles e soprattutto non c’è Lady Oscar, anche se in effetti mi trovo in una venue abbastanza insolita, ovvero l’Accademia di Francia presso Villa Medici, dove si svolge il VA3 (che sta per Villa Aperta, terza edizione), situazione prestigiosa che si caratterizza per la variegata offerta musicale, che spazia dall’etnica, al rock fino all’elettronica, con propensione per gli artisti francesi.
Il piatto forte della giornata di apertura infatti è Rachid Taha, cantante di origini franco algerine, come Zinedine Zidane. La cornice è a dir poco splendida, l’audio fa i capricci in un paio di circostanze, ma nulla di cui scandalizzarsi. Taha, come il suo connazionale calciatore, è un tipo contraddistinto da grande estro ed eleganza e che ama esibirsi circondato da compagni di “squadra” di alto livello. Taha si è infatti già messo in luce con duetti eccellenti, tra i quali spiccano su tutti quelli con Robert Plant, Patti Smith, Brian Eno, finanche ai nostri Subsonica. E poi? Naturalmente anche Mick Jones! I primi comunicati stampa non erano stati proprio eloquenti riguardo la presenza dello storico chitarrista britannico, quindi non ho la certezza che l’ex-Clash sia presente finchè non è lo stesso Taha a presentare il suo grande amico “Monsieur Mick Jones!”. Ovviamente la gente impazzisce, ma è doveroso parlare anche di ciò che è avvenuto prima dell’ingresso sul palco di Mr Jones. Gli ibridi musicali di Taha hanno affascinato i presenti, fondendo ritmi etnici con i tratti peculiari dei generi raï e chaabi, miscelati con un elegante pop-rock che oscilla tra più versanti, strizzando l’occhio in alcune occasioni sia al blues che al jazz. A mettersi in evidenza sono le altre due guest di Taha, che hanno collaborato con il cantante nord-africano anche per la composizione del suo recente album, Bonjour. Uno è il compositore francese Rodolphe Burger, chitarrista, mentre il più caratteristico è senza dubbio Hakim Hamadouche, che suona uno strumento molto particolare chiamato “mandolute” una via di mezzo tra l’oud ed un mandolino, però con dieci corde (non undici come gli oud tradizionali), che tra l’altro gli danno anche diversi grattacapi, tanto è vero che in almeno un paio di circostanze Hamadouche è costretto a cambiarle durante l’esibizione. Quando sale sul palco Mick Jones l’entusiasmo cresce esponenzialmente, sebbene il pubblico si sia dimostrato attento e rapito dalla godibilissima esibizione del buffo cantante algerino, che ad una prima occhiata ricorda, come fisionomia e talune movenze sul palco, una versione “elegante” di Brian Johnson! L’ex-Clash si esibisce in almeno sei o sette pezzi, tra i quali spicca la versione di Taha di Rock The Casbah (ribattezzata Rock El Casbah), nella quale Rachid canta la strofa in arabo e Jones subentra di gran carriera cantando il ritornello, che fa saltare di gioia tutti i presenti. Un bel salto nel passato e nella nostalgia di “clashiana memoria”, tanto entusiasmo, sono tutti raggianti, così tanto che Jones raduna i compagni di palco per un breve consulto nel quale probabilmente viene approvata la mozione Should I Stay Or Should I Go, pezzo che l’ex membro fondatore dei Clash canterà per intero, facendo riposare Taha che assiste divertito.
Conclusasi la parentesi Clash, Mick Jones ritorna sul palco anche per i bis, dimostrando tutta la sua versatilità musicale inserendosi perfettamente nelle trame musicali della band di Taha e ponendo il punto esclamativo su un’esibizione unica, che ha dimostrato ancora una volta quanto la mera dimensione “punk” andasse stretta alla band inglese ed ai suoi componenti, primo tra tutti proprio “Monsieur” Jones.
(Nella foto: Mick Jones e Nicholas Matteucci)
Articolo del
07/06/2012 -
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