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Maria Gadù è una giovanissima cantautrice brasiliana che risponde al fuoco artistico che la anima fin dai sette anni, quando inizia a incidere su nastro le sue prime composizioni musicali. Oggi, a soli 25 anni, vanta collaborazioni artistiche con i mostri sacri della musica brasiliana, su tutti Caetano Veloso e Milton Nascimiento, nei cui cuori ha fatto breccia. Tra questi due punti della sua vita il segmento che li unisce è fatto di una serie di infinite performance in giro per il mondo, tra bar, piazze, esibizioni live in tv e la serie televisiva di Jacques Brel. Il primo album, Maria Gadú, arriva nel 2008. Il lavoro ha spopolato nel suo paese e ha iniziato a fare il giro del mondo. Comprende la canzone Shimbalaiê, scritta a soli 10 anni, che l'ha vista tra i singoli più venduti anche in Italia, anche se ha rischiato di rimanere fuori dall’album: “In effetti all’inizio pensavo di non metterla nel disco, perché non mi piaceva proprio. La trovavo troppo naif. Ma poi ho dato retta ai consigli degli altri e in effetti oggi mi piace, non tanto perché mi ha aiutato a farmi conoscere, ma perché mi fa ricordare di come mi sentivo da bambina”.
Nonostante i numerosi riconoscimenti e la grande fama in Brasile, dove non può uscire per strada perché assalita dai fan, resta una ragazza semplice e spontanea. Anche sul palco sulle sponde dell'Adige di Verona Jazz la sua gioiosa freschezza arriva come una forte brezza. La data alla rassegna promossa da Eventi rappresenta l’avvio del tour italiano nel quale porta l'ultimo lavoro discografico, uscito dopo due anni di lavoro, dalla collaborazione col suo team di musicisti coi quali condivide i progetti musicali da tre anni. Il titolo Mas uma pagina sintetizza molto un aspetto della vita per lei molto importante: ‘ognuno di noi è la pagina di uno stesso libro, ognuna diversa ma complementare; fa parte di una stessa storia ancora non scritta o che può cambiare; oppure è una pagina da lasciare in bianco, così come è la mia vita, che è sempre questa: un libro che non ho ancora letto’. A 25 anni di pagine belle ne ha scritte molte nel suo libro e chissà di quante altre ancora se ne arricchirà. L’album parla di incontri, sogni e di come ‘siamo sempre sul confine: di un continente, di un paese, di un sentimento’. Al Teatro Romano condivide le sue canzoni come fogli di diari tesi al pubblico con una voce potente e calda e note interpretative non comuni: Axe acappella, Coracao ao tempo di Caetano Veloso, Amor de indio, Like A Rose, Long Long Time, oltre al pezzo che l'ha resa una star mondiale.
Peccato che per qualche pezzo i problemi tecnici dell’audio non abbiano permesso di apprezzare al massimo le ballate, ma ha compensato con la sua forte personalità e scherzandoci su. La band composta da Maycon Ananìas, Cesinha, Gastao Villeroy e Fernando Caneca è sostanza fondamentale della performance che conferisce ancora maggior spessore alla sua presenza vocale e di personalità.
Articolo del
05/07/2012 -
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