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Il 3 luglio del 1971, in circostanze ancora oggi ritenute misteriose, Jim Morrison viene trovato privo di vita nella vasca da bagno del suo appartamento di Rue Beautrellis 17 a Parigi. Due anni dopo i Doors si sciolgono e tutto ciò che resta di loro è An American Prayer, un album (il terzo dopo la morte di Morrison) realizzato nel 1978 sovrapponendo la voce di Jim Morrison che declama poesie sulle musiche registrate per l’occasione. Bisognerà aspettare fino ai primi anni duemila per rivedere i tre ex Doors insieme rimettere piede su un palco e celebrare i vecchi successi con The Doors of the 21st Century, progetto però prontamente abbandonato da John Densmore il quale fa causa egli ex compagni per l’utilizzo del nome. Dopo qualche cambio nella formazione, nel 2009 Manzarek e Krieger iniziano un tour con il nome di Ray Manzarek e Robby Krieger dei Doors, che continua nel 2011/2012 con la celebrazione del 40° anniversario dell’uscita di L.A. Woman, ultimo album in studio considerato il più blues di tutto il loro repertorio e testamento spirituale della band.
Seconda data italiana, il concerto di Roma inizia puntuale alle 21,45. Nessun opening act ma le note dei Carmina Burana di Carl Orff a luci spente introducono la band che sale sul palco e prende posto: a sinistra, su un palchetto rialzato, Ray Manzarek alle tastiere; all’estrema destra Robby Krieger alla chitarra; al centro Ty Dennis alla batteria, Phil Chen al basso, e Dave Brock, vocalist e frontman di tutto rispetto, che si farà onore e non deluderà le aspettative visto il ruolo importante che deve ricoprire. La setlist, inizialmente uguale a quella proposta due giorni fa a Milano, vede partire l’attacco di Roadhouse Blues seguita da Break On Through (To The Other Side). Non ci vuole molto per scaldare il pubblico che già li acclama. Siamo a Five To One e Peace Frog, e Manzarek & Co. si sono già ambientati, come fossero a casa, tanto che scambiano spesso qualche parola tra loro e col pubblico, anche quando presentano When The Music’s Over come “una canzone che Jim amava cantare”. Ormai il pubblico è catturato ed è loro prigioniero. Mi guardo intorno e mi rendo conto che per la maggior parte dei presenti questa è una rara e preziosa occasione di vederli dal vivo perché o erano troppo piccoli o non erano neanche nati quando Morrison morì e i Doors si sciolsero. Al termine del brano il gruppo si presenta: uno scroscio di applausi accoglie il nome di Krieger e di Manzarek stesso, il quale dedica la successiva People Are Strange a tutto il pubblico di Roma. Continua il dialogo fra loro e il pubblico, Manzarek per primo ma anche il cantante, Brock, si intrattengono molto a parlare in particolare con i ragazzi in prima fila dietro le transenne, e si dispiacciono del fatto che le transenne siano così distanti, dicono che li vorrebbero tutti sotto il palco, ipotizzano che quelli in prima fila sono fan talmente pericolosi da doverli tenere a distanza. Ma questa cosa invece di preoccuparli sembra divertirli molto. C’è molto entusiasmo sul palco, e anche la platea si scioglie definitivamente cantando sulle note di Alabama Song (Whiskey Bar). A quel punto viene presentato Rick Manzarek che li accompagna in Back Door Man dandole quel tocco blues in più. Il pezzo che tutti stavamo aspettando arriva, un’esecuzione memorabile di Riders On The Storm ci porta via lontano, e le luci degli aerei che ci passano sopra la testa aggiungono quel pizzico di atmosfera da sogno che ben ci sta su un pezzo del genere. Al termine, Brock avvisa che ora si inizia a fare un po’ di sex music e annuncia Touch Me. Solo 30 secondi di pausa on stage a luci spente prima di ripartire con Love Me Two Times. “And now we’re going to Hollywood!” è la frase che ci introduce a L.A. Woman, eseguita con grande potenza da parte di tutti, in particolare ottima performance del vocalist.
Apparentemente lo show finisce qui, ma un insicuro e poco credibile "ciao” lascia intendere che c’è ancora qualcosa, un pezzo forte, la degna chiusura di un concerto perfetto. E arriva come un fulmine, Light My Fire. Tutto il pubblico salta e canta incurante dell’afa che non ci ha fatto respirare per tutta la sera. Fantastica e interminabile, allo stesso tempo sembra che duri poco, troppo poco. Questo è l’epilogo, se volessimo ignorare i quattro lunghissimi minuti di applausi alla band che, schierata interamente a bordo palco, saluta e ringrazia, mentre ancora scherza facendosi acclamare prima da un lato del parterre e poi dall’altro, dando l’impressione di non voler andare via, anzi, dando soddisfazione a chi li ha applauditi ed apprezzati per un’ora e quarantacinque minuti precisi di show. Un istante prima di dileguarsi insieme agli altri dietro le quinte, Manzarek si avvicina al microfono, saluta e ringrazia ancora una volta tutti, e suggerisce di andare a casa, fumare e fare del sesso...
Non c’era la formazione originale, non c’era Jim Morrison; forse gli arrangiamenti sono aggiornati, potrebbe non sembrare la stessa cosa. Ma l’energia c’è, la complicità fra loro e con il pubblico è palpabile. E l’esperienza che ci hanno fatto vivere è stata decisamente un piacevole salto indietro nel tempo.
Articolo del
12/07/2012 -
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