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La serata è aperta dal gruppo di Giulia Pratelli, giovane cantautrice toscana che presenta dal vivo brani tratti da Via!, il suo primo album, e cover di prestigio come Che Sarà Sarà, scritta da Chico Buarque De Hollanda. Trenta minuti di concerto improntati ad un intrattenimento lieve, gradevole e ricco di riferimenti jazz. Inoltre canzoni come Una margherita viola, il suo nuovo singolo, e Parole lasciano intravedere un’anima blues che cerca di conciliarsi con una venatura pop, che si rivela però fin troppo melodica.
Poco più tardi arriva il momento tanto atteso del ritorno dei Madredeus, che sono qui a Roma per presentare composizioni tratte da Essencia, il loro nuovo album, attraverso il quale rinverdire il successo ottenuto nei primi anni Novanta e che vide la definitiva consacrazione della band portoghese nel 1995 con l’uscita di Ainda e, poco tempo dopo, con la partecipazione al film Lisbon Story per la regia di Wim Wenders. Molto tempo è passato da allora, i Madredeus hanno allargato i loro orizzonti e sono passati dal “new fado” ad una dimensione più ampia, quella di una sofisticata World Music, attenta a non sconfinare in soluzioni armoniche troppo accattivanti. Teresa Salgueiro, la bravissima e carismatica vocalist dei Madredeus, ha lasciato la band nel 2007, per dedicarsi interamente alla sua carriera solista, mentre Francisco Ribeiro è morto di cancro nel 2009. Molti volti nuovi quindi nella nuova formazione, ma ci sentiamo subito confortati dalla presenza di Pedro Ayres Magalhaes, chitarra classica, il fondatore del gruppo. Si tratta di un musicista schivo ma di grande talento che avevo avuto modo di incontrare insieme a Teresa nel lontano 1994 nel corso di uno squisito showcase all’Alpheus in concomitanza dell’uscita di O Espirito da Paz. Nessuno conosceva i Madredeus all’epoca, fummo i primi a restare stupiti dall’originalità della formula proposta dal gruppo e dalla sensibilità musicale di quei musicisti. Inevitabile ed immediato il confronto fra il concerto di Teresa Salgueiro, che ho ascoltato due mesi fa all’Auditorium, e la nuova proposta dei Madredeus, che adesso si avvalgono come vocalist della giovane Beatriz Nunez, emozionatissima, cresciuta ascoltando la prima edizione dei Madredeus, di cui i genitori erano grandissimi fan.
Ebbene, la sensazione è quella di un ritorno al passato, anche se l’operazione non è del tutto possibile e risulta forzatamente incompleta. Brani come O Paraiso, A Estrada De Montana, O Sonho e A Confissao denotano un maggiore ricorso agli archi e agli strumenti acustici in genere - cosa che era del tutto sparita del live set della Salgueiro - e mettono in luce una forte spiritualità nelle liriche. Non a caso alcuni dei nuovi brani faranno parte delle musiche all’interno di un progetto sulla vita di San Francesco d’Assisi che vede coinvolti proprio i Madredeus. La chitarra classica è quella di Pedro, perfetta sia nelle partiture soliste sia nei preziosi ricami che accompagnano gli interventi dei violini e del violoncello. Rimane fermo e costante il rifiuto di una batteria sul palco - anche su questo Teresa Salgueiro ha voluto cambiare, ma forse si è un po’ persa lungo la strada - mentre un ricorso mai eccesivo alle tastiere costituisce una valida alternativa melodica alla sezione d’archi.
Al momento è difficile astrarre e mettere a confronto personalità e talento vocale della Salgueiro con la giovane Nunez. Non sarebbe neanche giusto. Troppe differenze sia nel campo dell’esperienza che della presenza scenica. Il talento vocale di Beatriz è indiscutibile, ma forse in certe occasioni le sue interpretazioni hanno la valenza di una didascalia sotto una bella fotografia. Il concerto è molto lungo, raggiunge vette mirabili soprattutto sul piano dei passaggi armonici e delle soluzioni stilistiche, sempre a metà strada fra tradizione e musica contemporanea, fra folk revival e musica da camera. Malgrado i diversi avvicendamenti nella formazione l’originalità della proposta musicale dei Madredeus resiste, è salva. Una serata musicale dai contorni poetici, che mette insieme una dimensione onirica e tanta raffinatezza e sobrietà nelle esecuzioni della band portoghese, che resta un punto di riferimento incontaminato ed inimitabile.
Articolo del
24/07/2012 -
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