|
Non troviamo le parole adatte per raccontare la straordinaria performance di Anja Plaschg aka Soap&Skin al Parco Massari di Ferrara, la sera del 20 luglio scorso. Forse non ci sono neanche parole adeguate per descrivere lo stato di grazia di un talento sconfinato e irriducibile a qualsiasi etichetta: bisognava essere lì, tra quel migliaio scarso di adepti adoranti, seduti sul prato, dinanzi al palco incorniciato da alberi secolari, solo buio e silenzio ad avvolgerci, quindi le note e la voce di Anja che ci trasportano in un lacerante altra dimensione: senza parole, appunto.
Che ci fosse attesa per questo concerto imperdibile lo si percepiva girando nel pomeriggio per Ferrara, tra piazzette e vicoli, bar ed enoteche, incontrando singoli, coppie e gruppetti come noi, provenienti da tutta Italia, incluse tenute rigorosamente nero-vestite, con magliette che da Sisters of Mercy giungevano fino a – inaspettati – Death in June, passando per i sempreverdi Joy Division di Unknown Pleasures. Lo abbiamo percepito più volte, battendo i sentieri interrotti delle notti italiche – e non solo – di questi anni: è il sottile filo rosso (piuttosto: nero) che dalla gelida durezza thatcheriana dei primissimi '80s giunge alla Grande Depressione globale di questi anni Dieci, attraversando generazioni e incontrandone di nuove.
Poco dopo le 21,30 parte la base elettronica e piena di beat sghembi e sincopati di Deathmental: Anja, sgusciando dal boschetto che fa da backstage, entra su di un palco assai spartano, con pochissime luci, sfidando la calura estiva, in pantaloni di pelle neri, camicia bianca e spolverino nero che toglierà quasi subito, chioma di capelli rossi, pelle bianchissima e rossetto color del sangue. È una intro potente e infernale, che rompe immediatamente il ghiaccio e non lascia adito a scorciatoie: Hell won't tolerate hymns.
Quindi Anja si siede al pianoforte, accompagnata da un laptop per le basi elettroniche e accanto la sua “Sister in law” che la affianca alla voce in alcuni pezzi, come nella inaspettata cover di An Angel di Kelly Family, che viene subito dopo una sofferta versione di Lost, mentre Anja sorridente e impacciata si rivolge anche alla mamma, che è tra il pubblico. Così quel che rimane della famiglia è lì riunita, in una giornata tristemente dolorosa per loro, come ci ricorda tra le lacrime la stessa Anja: è il terzo anniversario dalla morte del suo papà, al quale l'intero concerto sembra dedicato, come del resto lo stesso ultimo splendido lavoro in studio: Narrow (2012, Pias).
È questa la parte più introversa del concerto – con Anja visibilmente commossa, piano accarezzato e voce che si inerpica nel vuoto, quindi che smozzica ringraziamenti, un paio di ripetuti “I'm confused” – mentre in precedenza abbiamo assistito a una versione potentissima di Fall Foliage, introdotta da parole di conforto per la cittadinanza ferrarese sconvolta dai terremoti, con Anja che nel finale rumoristico si butta sul prato nel retro palco, per rientrare e scatenarsi in una versione demoniaca di Meltdown, cover da Clint Mansell, con una luciferina luce rossa a inquadrare le sue percussioni sulla tastiera e gli echi potenti della base elettronica.
Ma il pezzo che forse rende al meglio questa performance, in bilico tra doloroso ripiegamento in se stessa, sorellanza intimistica, rabbia distruttrice, pudore solipsitico e lacrime a stento trattenute, è una timidissima versione del sofferto capolavoro Spiracle, che abbiamo visto e sentito altre volte presentato con una violenza inaudita e qui suonato e cantato quasi delicatamente, con le luci rivolte verso il pubblico, ad accecarlo, e lei invisibile, china sul piano, mentre sussurra I still beg/ please help me. È l'apertura in devozione del padre, come detto, esplicitamente ricordato in Vater, per poi sfogarsi in un finale esplosivo, in piedi, alla ribalta del palco, sulle note invasate di Marche Funèbre e quindi sulla nera elettronica con cassa dritta di Sugarbread, urlando, agitandosi, muovendosi a scatti, in preda a convulsioni che ci sembrano ricordare l'idiota Iggy Pop, la stralunata Siouxsie e lo spaesato Ian Curtis. In tutta la performance Anja sembra quasi “senza pelle”, intimorita e potentissima, allo stesso tempo: impacciata e splendente, quieta e furiosa; una forza della natura, imbronciata e sorridente, che il pubblico ha timore di disturbare, così le ovazioni sono molte, ma sommesse, quasi a non voler interrompere un evento che da un momento all'altro potrebbe scomparire e per il quale c'è solo meraviglia e silenzio. Si ha quasi la sensazione di assistere ad uno spettacolo troppo privato per far sentire il proprio calore.
Quindi un rientro doppio con due cover e le lacrime che rischiano di scorrere scomposte: una splendida versione di Pale Blue Eyes dei Velvet Underground – a conferma del tributo a Nico di cui è spesso protagonista – poi di nuovo al piano con Born To Lose di Shirley Bassey, che lascia letteralmente senza parole, come si diceva all'inizio, proprio perché cantata da una così talentuosa artista, in fuga da tutte le scuole e da qualsiasi consolazione: Born to lose/ Born to lose the game/ Born to cry/ When I hear you're near/ Born to smile/ Through a mist of tears/ Born to live/ Lost in lonely years/ Born to lose.
Anja è una stella senza paragoni, al momento. Da anni la vediamo ascendere e ogni volta superarsi, pur nella sua giovanissima età. Si possono azzardare paragoni, sicché qualcuno sostiene che il trampolino dal quale Anja spicca il volo sia poggiato su Nico, appunto, il piano classico che molto ha studiato, echi da Diamanda Galàs, sussurri da Antony, ma anche tanta attitudine elettronica che squarcia tempi e beat; del resto Christian Fennesz appare nel suo primo lavoro, quindi la collaborazione con Apparat nel recente, splendido Goodbye e lei stessa ricorda di sentire molto Aphex Twin, perciò l'intro e la chiusura di oggi, prima dei bis, lasciano aperta questa ulteriore evoluzione.
Ma ora, dopo quasi due ore, il silenzio e il buio dell'accogliente Parco Massari inghiottono i ricordi di una performance da coinvolgimento totale e indicibile.
SETLIST: (desunta dai nostri ricordi):
Deathmental Cradlesong Big Hand Nails Down Cynthia Cry Wolf Extinguish Me Sleep Thanatos Fall Foliage Meltdown (cover Clint Mansell) Spiracle Voyage, Voyage (cover Desireless) Lost An Angel (Kelly Family cover) The Sun Vater Marche Funèbre Sugarbread
Bis: Pale Blue Eyes (cover Velvet Underground): Born to Lose (cover Shirley Bassey)
Articolo del
27/07/2012 -
©2002 - 2025 Extra! Music Magazine - Tutti i diritti riservati
|