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In mezzo al calderone di offerte musicali capitoline, presentate come imperdibili ma spesso vere e proprie operazioni commerciali, si dovrebbe stare attenti nella scelta dei concerti da non perdere assolutamente e di quelli da evitare. Dopo una serie di notizie ufficiose, e con un cambio di location da Villa Ada al Circolo degli Artisti (le malelingue come me si chiedono se sia dipeso dalla scarsa vendita di biglietti), riusciamo a presenziare al concerto di Bonnie "Prince" Billy. E meno male, perché se non ci fossimo andati avremmo perso uno degli eventi più interessanti dell’anno.
Il set ufficiale, preceduto dalla stessa band di Bonnie che esegue una buona mezzora di “traditional” insieme ai Chivalrous Amoekons, ovvero gli stessi musicisti con vestiario in stile country, inizia con I See A Darkness e prosegue con materiale preso dai lavori più nuovi (Whipped e The Sounds Are Alwaysa), sacrificando il passato con i Palace. Loro sono in sei, cinque uomini e Angel Olsen ai cori mai invadente, ma dalla presenza continua e piacevole. La sua capacità di trovare soluzioni melodiche, che bene si sposano con la voce di Bonnie, è incantevole soprattutto in brani come With Cornstalks Or Among Them. Tecnicamente impeccabili, se non addirittura eccelsi nel caso di Emmett Kelly, il sestetto mostra padronanza assoluta degli strumenti e una presenza scenica invidiabile. A questo si somma il peso di Oldham, la cui voce è angelica quando sussurra e forte nei crescendo. Il singer è una forza dirompente, impossibile da imprigionare a parole. Si muove strano Will, ondeggia, si ferma e riparte come un dinoccolato Neil Young ma più armonioso. Il suo mondo è fatto di dolore, di storie quotidiane che cantate da lui assumono tutt’altro spessore. Tradimenti e amore, partenze e perdite il tutto sostenuto da una voce paradisiaca e dalle sovrastrutture costruite e consolidate da Ben Boyle, affiancato da Danny Kiely al basso la cui metà ritmica è rappresentata da Van Campbell alle pelli. Troublesome Houses, (Thou) Without Partner dimostrano che è davvero Emmett Kelly ad avere una marcia in più. Il californiano, leader di The Cairo Gang, che con Billy hanno inciso The Wonder Show Of The World, è davvero uno spettacolo puro per le orecchie d'intenditori e non. La sua capacità di cesellare assoli dalla melodia inaspettata, l’uso di quella tecnica di arpeggio in un rifferama robusto e incisivo, ma senza disdegnare mai la melodia, sono il propellente che permette la spinta propulsiva capace di spingere questo live ben oltre le altezze la nostra atmosfera. Fra i vari encore spuntano Quail And Dumplings, Willow Trees Bend e in chiusura arriva I Am Goodbye.
In definitiva tutto molto più country del previsto ma nonostante le scelte stilistiche, le setlist che non mettono mai d’accordo tutti e la costipata location del Circolo che ahimè non può in nessun modo competere con la bellezza di un cielo terso sotto gli alberi e il lago di Villa Ada, questo concerto, insieme ai Portishead, è stata una delle esibizioni più emozionanti di questo 2012, con buona pace degli indie rocker in corsa affannosa dietro ogni boiata all’ultima moda.
Articolo del
30/07/2012 -
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