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Una assoluta rarità, un concerto da non mancare che segna il ritorno in Italia dei Tindersticks il gruppo inglese fondato da Stuart Staples nei primi anni Novanta. Sebbene siano sempre stati un gruppo di nicchia sulla scena “indie pop” i Tindersticks si sono ritagliati uno spazio importante all’interno del panorama della musica alternativa, grazie a sonorità davvero particolari, lontane anni luce dal pop commerciale e da qualsiasi forma di esibizionismo. Il talento e la classe sono un segno distintivo della formazione, nata a Nottingham con il nome di Asphalt Ribbons ma che poi ha sviluppato la sua carriera artistica a Londra come Tindersticks. La band può contare ancora sull’apporto di David Boulter alle tastiere, di Neil Fraser alla chitarra elettrica, di Nickon Hinchcliffe al violino, di Mark Cowell al basso e di Al Macaulay alla batteria.
Il gruppo presenta dal vivo questa sera brani tratti da “The Something Rain”, l’ultimo album, un disco sorprendente, talmente bello da mettere in imbarazzo chi deve spendere parole per recensirlo. Il maltempo e la pioggia hanno consigliato gli organizzatori di spostare il “live act” all’interno della Sala Sinopoli, dove è stato dirottato il pubblico che aveva il biglietto per la Cavea. Arrangiamenti morbidamente elettrici, molto sofisticati nei passaggi armonici, accompagnano l’esecuzione di brani straordinari come Show Me Everything e This Fire Of Autumn. Il pubblico ascolta in silenzio la voce carismatica di Stuart Staples che annuncia semplicemente “è un piacere essere qui. Siamo tornati. Siamo sempre gli stessi” e poi intona lo ‘spoken word’ di Chocolate, una delle trovate più geniali del nuovo album. Rimangono tracce del “dream pop” inglese di almeno una decade fa, ma sono evidenti anche i riferimenti al rock progressivo e sperimentale di Bryan Ferry e dei suoi Roxy Music, mentre sul piano delle liriche e della sezione vocale, non sono azzardati accostamenti a Leonard Cohen. Luci basse, scenografia minimale, solo la musicalità di questa grande band avvolge il palco e attrae il pubblico come una calamità. Sonorità di grande fascino, dal sapore romantico e con una grande capacità cinematica, fanno volare la mente, nutrono il pensiero, ti permettono di sognare ancora, che poi è quello che noi tutti chiediamo alla musica. Non mancano citazioni dai primi due album dei Tindersticks e l’idea di un “noir pop”, sperimentale e notturno, è quella che meglio trasforma le nostre sensazioni in parole.
Non poteva mancare, nel finale, l’esecuzione di Medicine, il nuovo singolo, un brano che tocca nel profondo chi ascolta, con quella sua struttura circolare e quei contrappunti acustici davvero ammalianti. Un piccolo gioiello sia sul piano lirico che musicale che ci viene regalato da un gruppo che non si concede facilmente (niente interviste, poche relazioni con i mass media) e che preferisce rimanere in disparte, quando entrare a far parte dello “show biz” comporta molto spesso vendersi in una Fiera delle Vanità povera di contenuti e abitata da chi vuole soltanto ascoltare il rumore delle proprie parole. Vorremmo ascoltare più concerti del genere, conciliano la mente con l’anima e ti aiutano a dare un senso alle cose.
Articolo del
01/08/2012 -
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