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Non sembrava neanche di stare in Italia: quei suoni, l’atmosfera che si è venuta a creare e il dialogo fitto con il pubblico presente ha permesso a Dave Alvin e ai suoi Guilty Ones di offrirci un viaggio immaginario nel Sud degli Stati Uniti d’America, raccontato all’interno di un frastuono elettrico in grado di far risvegliare l’anima e la pancia delle persone più distaccate e distanti. Ricordiamo Dave Alvin come chitarrista dei Blasters, lo storico gruppo californiano di rockabilly che si impose in California nei primi anni Ottanta. Lui ha recuperato gli ingredienti rock and roll di quelle sonorità, le ha mescolate con le radici blues e country dei Padri Fondatori della musica americana e ha messo insieme una nuova formazione, i Guilty Ones che lo accompagnano in questa sua opera meritevole di diffusione del Rhythm & Blues e di redenzione dai peccati.
Non siamo lontani dalla Basilica di San Paolo fuori le Mura e Dave Alvin, 57 anni, non perde l’occasione per offrire al Cielo le sue canzoni, ora in ricordo del fratello Phil Alvin, il frontman dei Blasters, che è morto all’opedale di Valencia per le conseguenze di un infarto, ora alla memoria di Amy Farris, la sua violinista, che si è suicidata qualche tempo fa. E’ a lei che dedica una struggente versione di Black Rose Of Texas, un brano inserito su Eleven Eleven, il suo ultimo, bellissimo album.
Un live act corposo ed intenso, ben supportato da una nuova edizione dei suoi Guilty Ones, che nell’occasione rispondono ai nomi di Chris Miller, chitarra elettrica, Brad Fordham, basso e Lisa Pankratz, la moglie di Brad, alla batteria. Molto belle le esecuzioni di Harlam County Line e di California’s Burning, due brani che rendono esplicita la poetica e le radici musicali di un grande musicista come Dave Alvin, un sopravvissuto - per così dire - all’incedere delle mode e alla modifica dei gusti musicali. Per lui, The King Of California, esistono soltanto il Blues e le sue derivazioni più dirette, non sono ammesse altre scelte. Testimone scomodo di un America che non esiste più, fatta di ampi orizzonti, grandi viaggi e whiskey, di sogni ad occhi aperti, amori fuggevoli e rock and roll, è impossibile cambiare. La sua formula non gli garantisce un grosso successo commerciale, ma la sua integrità è stata spesso premiata da riconoscimenti prestigiosi. Durante lo show cita le sue radici musicali, che vanno da Freddie King e Willie Dixon a Lightning Hopkins e T-Bone Walker e su Dry River, un suo cavallo di battaglia, si sofferma a ricordare i tempi in cui le cose andavano diversamente a Downey, la sua città natale, quando la nostra vita non era determinata pesantemente dalle colate di cemento e dalla tecnologia, dal denaro e dalla ricerca di un riconoscimento sociale. C’è il tempo per il recupero di alcune vecchie canzoni dei Blasters come Long White Cadillac, Fourth Of July e Marie Marie, scritte da lui ma rese grandi dalle interpretazioni del fratello Phil, con il quale continua a dialogare, quasi come se fosse lì con lui al centro del palco.
Grande ritmo, grande energia, una serata piena di good vibes e di affetto verso il pubblico: “Siete voi la mia Fede, siete voi la mia Chiesa, il motivo per cui continuo a mettermi in viaggio e mi trovo ogni sera in un posto diverso. Cosa faccio? Suono il Blues, racconto delle storie, è tutta la mia vita”. Ancora un ringraziamento per il dottore che ha cercato di rianimare suo fratello Phil all’ospedale di Valencia e che inizialmente era riuscito nell’operazione, ancora citazioni e ricordi di luoghi e persone che non esistono più ma che sono come accompagnati in Cielo da una nuvola di sudore e polvere, fatta di quegli ingredienti country western attraverso i quali disegna il suo rock blues.
Eleven Eleven è un album fantastico, ma il live show esalta le caratteristiche di quel disco ancora di più. Splendida l’esecuzione di Run Conejo Run, un blues basico ed essenziale, minaccioso e furente. Non mancano però momenti di spoken word, carichi di riferimenti biografici e di citazioni letterarie, che ci riportano con la mente ai libri di Raymond Chandler, di John Steinbeck e di Bukowski. Atmosfere volutamente noir, il blues rock che porta in Paradiso quei losers senza storia e senza volta che possono anche essere dei falliti su questa Terra, ma che sicuramente hanno chi si ricorderà di loro in Cielo. Note elettrificate e pesanti, una sezione vocale impastata di birra ed oscura, talvolta amara, talvolta visibilmente arrabbiata, come quando si erige in difesa dei diritti dei disoccupati e dei più poveri. Un concerto memorabile da parte di un protagonista di una stagione musicale che non può e non vuole sentirsi finita.
SETLIST:
Harlan County Line California Is Burnin’ Black Rose of Texas Long White Cadillac Johnny Ace Is Dead Abilene Run Conejo Run Ash Grove Dry River Fourth of July Marie Marie
Articolo del
08/08/2012 -
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