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L’incontro con Micah P. Hinson, compositore e folksinger americano originario di Memphis ma ormai texano di adozione, è un appuntamento da non mancare e anche questa sera il locale è pieno come meritano la genialità ed il talento di questo musicista che ha soli 31 anni d’età, con un volto da eterno adolescente, ma con un bagaglio esistenziale alle spalle che lo rende già uomo adulto.
Micah non ha dischi nuovi da presentare: sta lavorando ad un album che però uscirà soltanto nella primavera del 2013. Il suo repertorio è comunque tale da permettergli di spaziare con facilità attraverso le sue opere più recenti come quel Micah P. Hinson And The Pioneer Saboteurs del 2010, The Opera Circuit e The Red Empire Orchestra fino al più datato The Gospel Of Progress, disco del 2004. Micah si presenta da solo sul palco, o meglio, con un nuovo amico: un corvo impagliato che gli tiene compagnia non molto distante dall’asta del suo microfono. Lo guarda spesso, ci parla, ogni tanto sembra volergli dedicare un brano. Micah imbraccia la sua chitarra acustica come fosse un fucile: convoglia in essa tutta la sua disperazione, la sua rabbia, ma anche momenti malinconici o canzoni estremamente romantiche, che ci fanno tornare con la mente agli albori del Rock And Roll, figlio del Blues e della Country Music. Sulla chitarra campeggia come sempre la scritta “This Machine Kills Fascists” ereditata da Woody Guthrie, che riesce a far rivivere nella sua personale riproposta della figura dell’hobo, folksinger di altri tempi, che vive con semplicità di modi ma con una profonda vita interiore, per scelta ai margini della società. Micah esegue brani recenti come Seven Horses Seen, Take Off That Dress For Me e 2’s and 3’s e alterna le sue canzoni alle sue storie, delle vere e proprie iperbole letterarie in cui le sue avventure personali e le sue storie familiari si intrecciano.
Micah possiede un dono singolare: riesce a far passare situazioni drammatiche e questioni esistenziali attraverso una chiave ironica, a tratti molto divertente, che ne attenua la tristezza dell’impatto con il pubblico. Ricoveri in ospedale, un mal di schiena cronico che non riesce a debellare, storie di droga, di risse nei club con avventori occasionali, problemi di amore, delusioni e rancori trovano posto in una narrazione torrenziale, che trova spazio anche per il ricordo del nonno scomparso. A lui è dedicata l’esecuzione di The Life, Living, Dying And Death Of One Certain And Peculiar L.J. Nichols, un brano bellissimo, una folk ballad dinamica e struggente, inserita in una compilation intitolata Peace, i cui proventi erano destinati in favore di Amnesty International. Micah non rinuncia al dialogo con il pubblico, è contento di essere tornato a Roma, gli piace come si vive qui, gli scappa un “neanche vi rendete conto di quanto siete fortunati, voi romani” e torna poi a raccontare e a condire con tanti “fuck”, “damn” e “shit” i suoi guai ad Abilene, Texas. Ma è contento. Il giorno dopo vola a Manchester, da sua moglie, peccato però che gli tocca volare con la Ryan Air, e giù un’altra serie di improperi sullla gestione della linea aerea irlandese. Micah mescola in concerto letteratura, politica e rapporti interpersonali, procede spedito da Walt Whitman ad Hemingway, racconta amaramente la fine del Sogno Americano, esegue una toccante versione di It’s Been So Long prima di concedersi, nel finale, a delle cover version bellissime, che però lui trova comunque il modo di dissacrare. E’ il caso di I Can’t Help Falling In Love With You di Elvis Presley, seguita da una serie di insulti al Re del Rock And Roll, ricordato come un “cazzone” che si appropriava di canzoni scritte da altri, e di Suzanne di Leonard Cohen, già inserita nel suo album doppio di cover, infarcita di commenti feroci su tutti i canadesi, nessuno escluso. Sembra quasi che Micah, attraverso la sua ironia e il suo sarcasmo, cerchi di tenere a freno il suo genio, quasi come se fosse troppo, e se ne vergognasse.
Tanta facilità nello scrivere, un compositore di melodie fantastiche, che si trasforma in un vero punk, in un ribelle iconoclasta ante litteram quando si esibisce in pubblico. E’ proprio questo forse il suo segreto più intimo, che lo rende assolutamente sfuggente, totalmente libero da schemi e poco addomesticabile, proprio come vuole lui.
(La foto e il video di Micah P. Hinson al Circolo degli Artisti sono di Giancarlo De Chirico)
Articolo del
06/11/2012 -
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