Opeth Opeth + Anathema live @ Union Chapel - Londra (Regno Unito), 16 novembre 2012 Londra (Regno Unito)  16/11/2012 di Chiara Felice

Registra il tutto esaurito già pochissimi giorni dopo la messa in vendita dei biglietti, la data londinese degli Opeth. La cornice è sicuramente una delle più affascinanti della città: quella Union Chapel che da diversi anni a questa parte è diventata punto di riferimento per i concerti di Londra e che si spera possa continuare in questa direzione visto che ci sono, purtroppo, delle alte probabilità di chiusura.
Questa chiesa che domina la zona di Islington ha ospitato concerti dei generi più diversi e questo degli Opeth ne è l'ennesima conferma. L'evoluzione dal growl a linee marcatamente più progressive della band di Akerfeldt troveranno qui, uno dei contesti più belli.

Ad aprire per gli Opeth, ci sono i fratelli Cavanagh (Anathema); Vincent conferma la sua bella voce, un valore aggiunto non da poco alla musica della band. Ed ecco che scatta – inevitabile – il paragone tra la Dreaming Light di Daniel, eseguita qualche mese fa in apertura al concerto dei No-Man, con quella di questa sera che vede alla voce Vincent. Quest'ultima versione risulta infinitamente migliore proprio grazie alla vocalità di di quest'ultimo.

L'apertura degli Anathema, nonostante breve, risulta quasi migliore dell'intero concerto degli Opeth che per questa serata alla Union Chapel propongono un repertorio di brani riarrangiati in chiave acustica. Sono pochissime le piacevoli sorprese, persino Demon Of The Fall, originariamente caratterizzata dal growl di Akerfeldt, viene arrangiata in maniera estremamente semplice. Ed è proprio questo eccesso di semplicità - la percezione che non si sia fatto il minimo sforzo per tirare fuori angolazioni diverse rispetto agli originali - la sensazione che si ha per l'intero concerto.
I tre album dai quali si attinge di più sono l'ultimo Heritage - che dal vivo conferma la sua personalità poco convincente - My Arms, Your Hearse e uno degli album più belli dell'intera discografia della band: Damnation, dal quale vengono riproposte Credence e Hope Leaves. Tra una battuta di Akerfeldt e vari accenni a brani che non verranno suonati (vedi Master Of Apprentices) c'è posto anche per un paio di cover: la prima – cantata in lingua originale – è degli svedesi Hansson De Wolfe United (Var Kommer Barnen In?), mentre la seconda ha un sapore sinistro vista l'unione del gruppo chiamato in causa con il contesto nel quale viene proposta, ed è la notevole Solitude dei Black Sabbath.

In una chiesa interamente gremita di giovani (e giovanissimi) ascoltatori, entusiasti all'ascolto di queste nuove versioni, chi scrive sarà stata una delle pochissime eccezioni a restare poco soddisfatta riguardo agli arrangiamenti dei pezzi suonati. Da Akerfeldt ci si aspetta molto di più e forse questo concerto riflette un po' l'ultimo lavoro in studio: poche idee che si cercano di camuffare con la solita storia, il famigerato “cambio di rotta”. Gli Opeth non sono certo nuovi ai cambi di rotta, ed alcuni sono stati pregevoli, altri album potrebbero esser letti come involontari buchi nell'acqua.

SETLIST:

1. Heritage
2. Credence
3. In My Time of Need
4. Häxprocess
5. Var Kommer Barnen In?
6. Solitude
7. Benighted
8. Demon of the Fall
9. Hope Leaves
10. Atonement
11. Marrow of the Earth