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Due band estremamente differenti hanno fatto capolinea al Circolo degli Artisti nel Giorno del Ringraziamento: Wild Nothing e The Wave Pictures. I primi venuti alla ribalta con il botto immediato dell’esordio. I secondi, invece, conoscono da ben quindici anni il mondo dello show-biz approfondito tra qualche cambio di line-up, tante birre e piccoli club misconosciuti al grande pubblico.
Una vecchia conoscenza la band di David Tattersall il cui spettacolo è indubbiamente valso la serata. Cresciuti artisticamente nel vivaio della Moshi Moshi records, la band dei Wave Pictures nasce tra le desolate colline del Leicestershire, passando attraverso le fumose strade di Londra per dare spazio a canzoni pop affascinanti, argute, pastorali e con un debito evidente tanto per la lirica di Jonathan Richman, quanto per l’arguzia di Morrissey e il romanticismo di provincia dei Pulp. Un approccio immediato e spontaneo, che sembrerebbe riflettersi anche nel loro modo di concepire e vivere la musica. Long Black Cars è l’ultimo di una serie di album venuti giù con il tocco di una divinità pagana. Tattersall e soci eseguono le migliorie del lavoro e da veri menestrelli del rock’n’roll sfoderano Spaghetti, Hoops, Eskimo Kiss, e qualche ironica chicca delle produzioni precedenti come Sleepy Eyes, Strange Fruit For David, Just Like A Drummer. David, il leader indiscusso della band, compone e canta le sue semplici ballate facendosi accompagnare da coretti vocali e punteggiature chitarristiche piuttosto naive. Tutto si riduce al classico sorriso (o sberleffo) britannico tra le chiacchiere di un Tattersall che ben partecipa l’arte sbilenca e irriverente del racconto folk.
Storia diversa quando a salire sul palco sono i Wild Nothing. Giunti per la prima volta in Italia, il loro live equivale a un debutto vero e proprio: in sospeso c’è da riscattare la fiducia all’ascolto, la coda lunga di un debutto che a distanza di due anni si è trascinato dietro anche i pezzi di un secondo album non poi così riuscito. Correva l’anno 2010 quando infatti sulle principali riveste musicali ci si rese conto che un album rivelazione era uscito per davvero. Quella dolce copertina in bianco e nero piazzata in cima alle classifiche delle più influenti Top Ten di fine anno raccontava già in parte la storia della giovane band. Il richiamo della memoria a una dimensione dreamy e fuzzy, cioè confusa e annebbiata dal crepuscolo nella scrittura di Jack Totum. 21 anni appena, e un testo manifesto Live In Dreams che con tono trasognato raccontava la dimensione tetra e lunare di Gemini. La propensione onirica e sentimentale resta la stessa anche nelle undici tracce di Nocturne, secondo album della band di Blacksburg (Virginia). Ad oggi la punta di diamante della Captured Tracks ha mestierato l’arte della cameretta. Sul palco una batteria vera a propria, basso, due chitarre, synth e un front-man che è bello e bravo. Basterebbe forse dire solo questo di un live igienizzato, molto algido e a tratti noioso se non fosse stato per quelle quattro o cinque persone in platea che oscillavano più di quanto le note non lo richiedessero. Ma i fan ai concerti non vanno sottovalutati, casomai studiati, e infatti questo è il punto. La retorica di Jack Tatum è musica da atmosfere e non di significati; è un’interpretazione affascinante nella facilità in cui i suoi ascoltatori ne vengono sedotti e abbandonati.
Come nelle migliori delle tradizioni ad aprire il live è il nuovo singolo Shadow, una miscela di melodie, accordi, echi, riverberi, su cui fluttua libera la voce di Tatum. Il rimbalzo in scaletta fra i vecchi pezzi e quelli recenti è più che evidente, e d’altronde l’esecuzione del nuovo disco non fa che confermare l'inizio della loro parabola discendente. Paradise, Only Heather, Rheya sono le uniche tracce che rappresentano il nuovo sensibile di Nocturne, l’identificazione estetica della scrittura di melodie e liriche sufficienti all’ascolto. Tutto il resto è l’eterna attesa di Gemini: Chinatown, Live In Dreams, Summer Holidays. Resta da sottolineare l’incredibile tecnica e pulizia di suono dell’effettistica onnipresente in ogni momento della loro musica: talmente fedele alla riproduzione su disco che non emoziona neanche un po’. Questo è il prezzo da pagare per il successo di una musica che porta tatuato in fronte la sigla Eighties di Manchester, compresa la scaltrezza nel manipolare vie di fuga evitando la trappola del luogo comune.
SETLIST: 1. Shadow 2. Confirmation 3. Counting Days 4. Golden Haze 5. Only Heather 6. Chinatown 7. Nocturne 8. Chain 9. Live in dreams 10. Rheya 11. The Blu Dress 12. Paradise
ENCORE: Gemini Summer Holiday
Articolo del
24/11/2012 -
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