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Dopo aver assistito dal vivo quattro anni fa all’esecuzione dell’opera Hallucination City curata dall’ensemble di chitarre elettriche messo insieme da quel geniale compositore americano che risponde al nome di Glenn Branca, possiamo ben dire di arrivare preparati all’evento di questa sera. Il progetto è ambizioso, si intitola K_446, ma non è certo la riproposizione di un’opera di Mozart bensì il risultato della creatività folle di Michele Tadini, un compositore italo francese che vive a Parigi, un nome consolidato nel campo della musica contemporanea, autore fra l’altro di colonne sonore per il teatro, per spettacoli di danza, per gallerie d’arte e per reading di poesia. Lo stesso Tadini si è ritagliato uno spazio nell’orchestra di 100 chitarre che si esibisce questa sera all’interno di una Sala Sinopoli giustamente gremita ed è pronto a fornire un contributo alla sua stessa creazione. Alcuni temi musicali della K_446 prendono le mosse da passaggi armonici delle canzoni di Vasco Rossi (riconosciamo Siamo soli, per esempio) ed è anche per questo che Tadini ha voluto come collaboratore e come chitarra solista Stef Burns, il chitarrista americano, ex Berlin, che da anni ormai è nella line up di Vasco Rossi.
L’orchestra schierata sul palco si compone in realtà di 80 chitarre elettriche, 20 chitarre basso e 1 batteria ed è formata da giovani musicisti, in gran parte allievi migliori delle scuole romane di chitarra come la Frets e la PMCE. Ricordiamo fra gli altri i nomi di Luca Nostro, Luca Costantini, Massimo Colagiovanni e Paolo Ceccarelli, alle chitarre, di Givanni Pallotti al basso e di Peppe Marino, alla batteria. Tonino Battista è stato chiamato a dirigere dal vivo questa orchestra davvero particolare, tutta formata da giovani talenti, alcuni dei quali esponenti di hard rock band locali, come Nicolò De Maria, per esempio, che è il chitarrista dei Ruinthrone. Passaggi armonici che si sviluppano a partire da una sola nota, tipici del minimalismo, si mescolano con l’improvvisazione che è tipica del jazz e disegnano delle partiture ora ascendenti ora discendenti che danno un senso alla dissonanza e al fragore. Certo, la quasi totale mancanza di una linea guida sul piano melodico, procura talvolta momenti di disorientamento fra gli spettatori, ma si tratta pur sempre di una sfida in musica, che mette insieme la chiara matrice hard rock dei musicisti con elementi di musica contemporanea. Si passa quindi dalla semplicità di certi arpeggi a soluzioni più complesse ed è in effetti singolare vedere Stef Burns alle prese con un repertorio così sofisticato, che va oltre gli assolo e le sferzate chitarristiche che lo hanno fin qui reso protagonista. La musica di questa giovane orchestra, per quanto estrema, risulta comunque coinvolgente e certi fraseggi chitarristici riportano alla memoria temi crimsoniani e le “frippertronics” (che segnarono il passaggio di Robert Fripp dai King Crimson all’elettronica), La struttura musicale non è mai troppo rigida e lascia spazio a momenti godibili, dove la musica diventa più fluida e scorrevole. Sul finale poi, dopo circa un’ora e venti minuti di una musica altamente cerebrale, ecco che esplodono liberatorie, catartiche le note di Black In Black degli Ac/Dc, quasi a voler marchiare con il fuoco l’appartenenza al Rock dei giovani chitarristi romani presenti sul palco.
Molto bello - fra gli applausi del pubblico - l’abbraccio fra Michele Tadini e Tonino Battista al termine dell’esecuzione dell’opera e il saluto di Tadini con Stef Burns che è ben contento di aver portato a termine un progetto per lui così insolito.
(Grazie a Stella Tortora per la foto di Stef Burns all'Auditorium)
Articolo del
07/12/2012 -
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