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Tutto esaurito anche per la seconda data di Atom in Rome, un progetto ambizioso che vuole essere un omaggio ai Pink Floyd e alla loro musica. Il successo dell’operazione è tale da far pensare ad una terza data, probabilmente in estate, all’aperto, al Teatro di Ostia Antica.
La musica degli anni Settanta esercita ancora un suo indubbio fascino qui da noi in Italia, in particolare il Rock Progressivo, grazie a quella sua capacità di sperimentare, di inventare e di mettere insieme musica colta e richiami psichedelici. E poi il semplice nome dei Pink Floyd è garanzia di qualità per chi va ad ascoltare e di pubblico per chi organizza. La serata è incentrata su Atom Heart Mother, il celebre album dei Pink Floyd pubblicato nel 1970, un’opera che è nella memoria di tanti, grazie alla omonima suite che occupa il primo lato del disco. In realtà però lo spettacolo abbraccia una lunga serie di brani dei Pink Floyd, tratti da dischi che vanno da Atom Heart Mother a The Final Cut, uscito nel 1983. Sul palco i Pink Floyd Legend, una cover band del gruppo inglese che esegue brani storici come Wish You Were Here, Shine On You Crazy Diamond, Time, Money e la celebre Great Gig In The Sky cantata da Valentina Mastrodonato, una brava interprete che però questa sera era un pò giù di voce.
L’emozione ed il piacere di riascoltare dal vivo brani del genere rimangono parzialmente inespressi per il fatto che i Legend come cover band non sono affatto quello che The Musical Box rappresentano per i Genesis e ce ne accorgiamo in particolare quando il chitarrista ed il bassista si alternano al canto. Malgrado gli interventi al sassofono di Eric Daniel, famoso musicista jazz che ha collaborato in passato con Stevie Wonder e con Gil Evans, la prima parte dello spettacolo ci lascia un sapore amaro in bocca.
Decisamente meglio la seconda parte dello show quando entrano in scena i 90 elementi rappresentanti del coro Mavra, dell’Ensemble Vocale Thesaurus e del coro Diapente, diretti dal maestro Piero Gallo e vengono eseguiti dapprima In The Flesh e Bring The Boys Back Home, due brani contro la guerra, tratti da The Wall, poi ascoltiamo invece una versione un po’ sbiadita di One Of These Days, da Meddle. Ci riprendiamo con la bellissima Summer Of '68 da Atom Heart Mother e grazie a Comfortably Numb, introdotta da un’attrice che ne recita la traduzione in italiano. Ecco che arriva infine il momento più atteso della serata che corrisponde all’esecuzione dal vivo di Atom Heart Mother, nella partitura originale di Ron Geesin, con la presenza ai fiati degli Ottonidautore e con il talentuoso Dante Ciaferra al violoncello. Il maestro Piero Gallo riesce ad ottenere il meglio dal coro che dirige, ne modella a suo piacimento l’andamento vocale, asseconda le esecuzioni degli interpreti all’interno di una composizione lunga e difficile, che strappa applausi a scena aperta. Nel frattempo immagini storiche del gruppo fanno da supporto alla musica su uno schermo circolare di ben 5 metri che appare sullo sfondo, tutto okay, tutto molto affascinante, però quelle immagini tratte da Zabriskie Point con tanto di villa nel deserto che salta in aria, cosa c’entrano con il coro di Atom Heart Mother? Era Careful With That Axe Eugene, tratto da Ummagumma il brano in questione. La memoria emotiva del pubblico, sulla quale in fondo si basa la riuscita di una iniziativa del genere, andrebbe rispettata fino in fondo, e forse bisognerebbe trovare un maggiore equilibrio fra special guest importanti, gli sforzi di un coro imponente e una cover band non sempre all’altezza della situazione.
La serata termina con l’esecuzione immancabile di Another Brick In The Wall e con i saluti ad un pubblico entusiasta e partecipe che non vedeva l’ora di rispecchiarsi con il proprio passato.
Articolo del
11/02/2013 -
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