The Raveonettes The Raveonettes Live @ Circolo degli Artisti – Roma, 17 febbraio 2013 Roma  17/02/2013 di Claudio Biffi

Rivedo volentieri i Raveonettes dopo cinque anni dall’ultima esibizione, l’ultima volta nel 2008 avevo anche avuto il privilegio di intervistare la bionda platinata Sharin Foo, a cui nel frattempo molte cose sono cambiate nella vita e da icona femminile della scena indie si è calata in quella di giovane mamma alle prese con il tour promozionale del loro nuovo lavoro “Observator”.
La serata sembra un happening italo-danese, tante sono le chiome bionde e i nordeuropei presenti e il tutto è sponsorizzato dall’ambasciata di Danimarca che ha scelto di presentare la personale dell’artista Peter Brandt che racconta nelle opere esposte in sala l’esperienza vissuta durante un aggressione avvenuta proprio nella nostra Capitale dal titolo esemplificativo “I Died In Italy But No One Knows It”, certo non proprio uno spot positivo nei confronti del nostro Bel Paese.
Gli abituè del Circolo degli Artisti si sono dati tutti appuntamento stasera, visto il pienone, e dopo una breve esibizione degli Hot Gossip, band milanese già ben affermata nel circuito indie nostrano, arriva il momento del duo danese supportato dal batterista di turno che sarà il metronomo della loro performance.
Un trio ben affiatato che però fatica a scaldare il pubblico presente, sarà per la scelta di creare una cortina di fumo e luci fredde a far da barriera tra di loro e la platea, che sia ben chiaro sono perfettamente in tono con le sonorità proposte, che per l’algidità nordica di Sharin Foo e Sune Rose Wagner pienamente a loro agio nella situazione creata. Durante l’intera esibizione hanno senza dubbio dimostrato di essere in grado di svolgere il compito da consumati professionisti alternando le nuove canzoni di “Observator” con vecchi successi della loro ormai decennale carriera come la famosa Attack Of The Ghost Riders, vero e proprio manifesto del loro stile.
In quasi 75 minuti di concerto compresi i due bis, scorrono così in sequenza brani come la bellissima Curse The Night, Observation, She Owns The Street, Young And Cold, Sinking With The Sun e You Hit Me (I’m Down) tutti tratti dall’ultimo lavoro alternati con i vecchi cavalli di battaglia appartenenti a “Lust Lust Lust” e “Whip It On”, passando a ballad dal sapore country come Love Can Destroy Everything piena di sofferenza e disperazione, alle visioni oniriche di Apparitions e The Enemy.
Nonostante la calca e i continui spostamenti dovuti al moto perpetuo dei fan bramosi di raggiungere le prime file ho avuto tutto il tempo per pensare a quale sia veramente il tratto caratteristico di questa band e mi sono convinto che benché siano più accattivanti pezzi come Aly Walk With Me, Gone Forever o Love in a Trashcan che richiamano uno stile ispirato alle sonorità garage anni ‘50/’60, il meglio viene espresso quando il trio si lancia nei meandri oscuri dello shoegaze e del noise, vedi Hallucinations, Dead Sound, My Tornado e Blush, dove la fanno da padrone le chitarre distorte.
In effetti benchè ce ne sia solo una sul palco il muro sonoro è assordante, e i reverberi degli effetti portati al massimo della distorsione sono tali da creare un vero stato collettivo psichedelico. Alla fine mi sono convinto che è sicuramente questa la parte migliore dell’esibizione di stasera senza nulla togliere al resto delle canzoni che hanno fatto gioire e saltellare le tante presenze nordiche in sala.