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È una serata da sold out per la splendente Sala Santa Cecilia dell'Auditorium Parco della Musica di Roma. Ci sono i Baustelle a presentare in versione sinfonica il nuovo album ”Fantasma”, accompagnati dalla Ensemble Simphony Orchestra, formatasi presso l'Orchestra Sinfonica di Massa Carrara e diretta da Enrico Gabrielli. Così incontriamo scampoli di “vippume” pre-elettorale, parecchi 30something della Generazione Y, soprattutto in galleria, e mise molto eterogenee: dall'hipster trasandato, alla maglietta The Clash sotto la felpa, a rari, tanto improbabili quanto presenti, loden dal sapore montiano, seppure indosso a ventenni. È il patchwork delle autoreferenziali cerchie romane, normalmente disperse nei mille gironi dei circuiti a compartimenti stagni delle serate capitoline, per l'occasione accomunate da un evento a metà tra il mondano e lo straordinario di un gruppo pop nel tempio della musica colta.
La struttura portante del concerto è una presentazione sinfonica del nuovo album “Fantasma”, e dopo i Titoli di Testa ecco la voce solitaria di Francesco Bianconi ne Il Futuro, con imprinting romano: “Sul raccordo anulare/i ragazzi di ieri/hanno vecchi fucili/e una fotografia/hanno fatto la spesa ed i conti col tempo/ma la loro ballata finisce a metà”. Così, dall'inizio, si capisce che le oltre due ore di live saranno un'ode al tempo che passa: tra futuro anteriore e presente al passato. E lo stesso Bianconi è umile e potente quando, presentando il capolavoro di Leo Ferrè, Col Tempo, afferma: “la più bella canzone sul tempo, che infatti non è nostra”. La performance procede con il pubblico sempre più esaltato ed i tre Baustelle in gran forma, aldilà delle imperfezioni vocali di Bianconi e forse qualche incertezza di Rachele Bastrenghi, mentre Claudio Brasini è calmo e preciso alle sue chitarre e orchestra e coro donano profondità e spazialità al suono: la mirabile acustica della sala fa il resto.
La seconda parte, più intonata alla “mala-educazione” Baustelle, come tiene a sottolineare Bianconi, è meno ingessata della prima e dopo la spettrale Cristina ecco il faticoso romanesco di Contà l'inverni, quasi a voler esaltare il tributo a Roma che tocca l'apice con una commovente versione di Piangi Roma, che conoscevamo cantata con Valeria Golino in Giulia non esce la sera e che quasi fa crollare la Santa Cecilia sotto gli applausi e gli echi di Renato Nicolini, a pochi mesi dalla sua morte, Trastevere, la pioggia e il sole di Roma: “Mi manchi tu, la fantasia/il cinema, l'estate indiana/mi servi tu, un brivido,/il ghiaccio nel/Campari soda”. In mezzo un Corvo Joe epico e il citazionismo Baustelle sembra sprofondare in un caleidoscopio à la Benjamin: Edgar Poe che ci ricorda il suo traduttore Baudelaire qui non cantato, il Battiato sinfonico e l'intonazione De André, l'evocazione di Montale e la foto gigante della copertina del disco, ripresa da Dario Argento, alle spalle a dominare la sala.
Il finale è pirotecnico: Charlie fa surf perde i battiti ritmici, ma non le pulsazioni di rabbia e distopia su un tappeto di archi: “Charlie fa surf. Quanta roba si fa. MDMA/Ma ha le mani inchiodate/da un mondo di grandi e di preti”. La guerra è finita è sempre un atto d'accusa lancinante, una cesura violenta e lesionista che fa da sottofinale a questa serata, prima dello strumentale Andarsene così. La spirale temporale si interrompe, anche se il pubblico non vorrebbe; e allora tributa una standing ovation da teatro che sembra quasi imbarazzare la band e gli stessi spettatori. Verrebbe da urlare: “Io non voglio crescere. Andate a farvi fottere”.
Prima parte: Fantasma (Titoli di testa), Il futuro, Nessuno, Il finale, Radioattività, Diorama, L'orizzonte degli eventi.
Seconda parte: Cristina, Conta' l'inverni, Monumentale, La morte non esiste più, La natura, Maya colpisce ancora, L'aeroplano, Col tempo (cover Leo Ferrè), Corvo Joe, Piangi Roma, L'estinzione della razza umana, Fantasma-coda.
Encore: Charlie fa surf, La guerra è finita, Andarsene così.
Articolo del
24/02/2013 -
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