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Serata di grande musica questa sera all’interno di una Sala Sinopoli che finisce per diventare il caldo e accogliente soggiorno di una casa amica, con i musicisti protagonisti di un concerto che è durato quasi tre ore che la percorrono in lungo e largo più volte, suonando e cantando, trascurando del tutto amplificazione, regole di sicurezza e orario di chiusura dell’Auditorium. Non volevano più andare via, il pubblico era con loro, noi stessi contagiati da tanto entusiasmo e passione. Ai commessi della sala non è rimasto altro che far buon viso a cattivo gioco e assecondare la vitalità di questi musicisti irlandesi, che hanno eseguito una formidabile versione di Passing Through, un brano scritto molti anni fa da Dick Blakeslee, ma reso celebre da Leonard Cohen nel suo album live del 1972.
Ma procediamo per ordine: apre la serata, intorno alle 21,00, con eleganza, classe e tanta grazia, Lisa Hannigan, giovane interprete irlandese, per sette anni corista di Damien Rice, con cui ha vissuto anche una storia d’amore, adesso acclamata artista solista. Presenta dal vivo brani tratti da Passenger, il suo secondo album e si accompagna ora alla chitarra acustica, ora al banjo, al mandolino e all’ukulele. Canzoni come What I’ll Do, Knots e Home rivelano chiaramente la sua impostazione folk, tradizionale ma non troppo, che non disdegna incursioni nel rhythm&blues e nel rock d’autore. Lisa ha una estensione vocale davvero alta, da brividi (da bambina sognava di diventare come Maria Callas), ma al tempo stesso è capace di modulare la sua voce in maniera diversa, ora morbida e delicata, stile Joni Mitchell, ora più roca e profonda, tipo Nina Simone. Una vera sorpresa e insieme, una sincera letizia.
Pochi minuti dopo il termine della sua esibizione sale sul palco Glen Hansard, 43 anni, irlandese anche lui, di Dublino, noto per aver recitato una parte nel film The Commitments di Alan Parker nel 1991, per aver dato vita ad una cult band come i Frames e soprattutto per la colonna sonora di Once, il film indipendente che nel 2006 ottenne un Grammy Award per Falling Slowly, la migliore canzone in assoluto, interpretata in coppia con Markèta Irglovà, diventata poi compagna di vita e anche professionale, dato che i due formarono insieme gli Swell Season. Sono passati diversi anni da allora, lui e Markèta si sono separati, hanno preso strade diverse e quel gruppo non esiste più. Glen Hansard ha registrato invece negli U.S.A. Rhythm & Repose, il suo primo album solista, che presenta questa sera per intero dal vivo, insieme a qualche vecchia canzone degli Swell Season, e con l’aggiunta di alcune cover version di prestigio. Quanti hanno assistito alla precedente esibizione all’Auditorium degli Swell Season concorderanno nell’ammettere che abbiamo di fronte un Glen Hansard completamente diverso questa sera. Canzoni come You Will Become, Maybe Not Tonight e Talking With The Wolves denotano una evidente virata verso un rhythm & blues viscerale ed intenso che permette a Glen di convogliare nelle sue ben congegnate ballads tutta la sua energia, tutta la sua rabbia e talvolta il suo disamore, la disillusione.
Glen ha imparato da bambino a trasformare in musica i suoi stati d’ansia, i suoi momenti più bui e ha cominciato a suonare la chitarra fin da quando aveva 13 anni. Le sue nuove canzoni parlano di storie finite male, di incontri poco fortunati oppure della snervante attesa in amore, come per esempio nella bellissima Don’t Leave Me Waiting, una ballata che è un piccolo capolavoro. Il folk di base di Hansard conosce un groove impetuoso che lo conduce verso l’R&B e la musica Soul, grazie anche all’eccellente sezione fiati presente sul palco. Lo accompagnano questa sera in concerto i redivivi Frames, amici di una vita, più due violiniste, una musicista che suona la viola e la sopra citata sezione fiati. Per un totale di una tour band che si compone di undici musicisti, affiatati e festanti, pronti ad assecondare Glen ad ogni sua mossa. Stupenda l’esecuzione di You Ain’t Go Nowhere di Bob Dylan, un musicista e un songwriter davvero importante per la sua formazione, come del resto Van Morrison e Leonard Cohen, che insieme costituiscono la sua triade di riferimento. Philander è una country song delicata, mentre Bird Of Sorrow e High Hope confermano l’orientamento verso il Soul. Molto bella anche When Your Mind’s Made Up, dedicata a Papa Benedetto XVI. Si tratta di un brano che porta la firma degli Swell Season come d’altronde anche le successive Low Rising, Leave e In These Arms, quest’ultima eseguita senza accompagnamento alcuno, in una versione eminentemente acustica. Glen Hansard è talmente affezionato alla sua chitarra, una vecchissima Takamine, che l’ha fatta rimettere a posto da un liutaio californiano, dopo averla massacrata per bene ogni sera per oltre venti anni. Ecco che arriva anche Fitzcarraldo, un successo del primo periodo con i Frames e ancora Santa Maria e Song Of Good Hope.
Il finale è decisamente acustico: torna sul palco Lisa Hannigan che esegue con Glen una bellissima versione acustica di Falling Slowly, la canzone sopra citata, tratta da Once. Il pubblico ormai ha lasciato le poltrone e si accalca sotto il palco, dopo un quanto mai esplicito invito di Glen, che adora l’Auditorium, ma ne è un pò intimidito. Allora vuole togliergli un po’ di sacralità, quel manto di ufficialità e di regole che talvolta impediscono la comunicazione. Ci vuole tutti più vicino, e allora dalla galleria, dalla platea accorrono in forze per ascoltare anche This Gift e una commovente versione di Passing Through con quel “Sometimes happy/ Sometimes blues/ but I am glad I ran into You/ It’s only a Passing Through” cantato in coro da tutti gli spettatori della Sala Sinopoli con la band guidata da Glen che improvvisa una marcetta stile funerale di New Orleans, scende dal palco e passa in fila indiana, cantando e suonando fra la gente, senza l’ausilio di un microfono. Una vera festa, un momento che ricorderemo a lungo, che ci è stato regalato da musicisti autentici, che uniscono il talento ad una grazia interiore senza uguali.
Articolo del
25/02/2013 -
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