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Non so se è una mia prerogativa ma spesso accade che i live ai quali decido di andare all’ultimo minuto sono quelli che poi mi colpiscono più di altri. Mi trovo al Caffè Latino un sabato sera per Matteo Toni, giovane modenese che ha esordito nell’ottobre 2012 con il suo disco Santa Pace (Still Fizzy Records/ La Fabbrica, con la produzione artistica di Antonio “Cooper” Cupertino). Disco che, ad un primo superficiale ascolto, non mi aveva entusiasmato. Ah, quale disattenzione! Eppure dovevo fidarmi di chi me l’aveva segnalato a suo tempo... Il disco si compone di 10 tracce, dieci piccoli viaggi in tutti i generi musicali che il ragazzo ama e predilige, il blues innanzitutto, ma anche un po’ di reggae e un pizzico di sentimentalismo tipico del cantautorato italiano. Già, perché il ragazzo ha un anima tenera e lo si percepisce dal modo discreto in cui occupa il suo spazio sul palco, l’espressione meditativa mentre fa suonare la sua lap steel guitar Weissenborn (costruita appositamente per lui dal liutaio Ermanno Pasqualato), e i suoi piedi nudi sulle pedaliere, come se volesse non interrompere il contatto, quell’energia che scorre tra le dita sulle corde e gli effetti sonori. Ogni canzone non ha una durata standard e sembra improvvisata con finali imprevedibili e nonostante una scaletta non lunghissima, l’esibizione sembra non finire mai, in un susseguirsi di emozioni.
Matteo Toni, non è solo il nome e cognome vero del cantautore, è anche il nome di un “progetto” del quale fa parte anche Giulio Martinelli che accompagna con la sua batteria la voce, l’armonica e la chitarra slide di Matteo. Giulio occupa l’altra metà del palco e l’intesa tra i due, nonostante la distanza, è fatta di sguardi e cenni a volte evidenti a volte invisibili, che fanno si che tutto si incastri perfettamente. Sembra una formazione “scarna”, solo chitarra e batteria, ma l’uso sapiente (e a volte molto incisivo) delle percussioni di Giulio, e l’abilità di Matteo di arricchire il suono della lap steel non fanno sentire la mancanza di altri membri o strumenti. Un impatto totalmente diverso quello dal vivo. Ed è quello che mi ha fatto riscoprire il disco e apprezzarlo fino in fondo.
Ed è su brani come Isola nera e Santa pace, già all’inizio dell’esibizione, che mi accorgo quanto il pubblico partecipi ed apprezzi il sound, ciondolando con la testa o dondolando a tempo le gambe accavallate. In effetti una bella atmosfera tranquilla, di “pace”, quella di chi si prende il suo tempo per ascoltare. Sono talmente semplici questi ragazzi che quasi stentano a credere alla richiesta di un ulteriore bis, oltre quello già concesso, Senza fede, tratto dall’EP uscito nel 2011. La setlist si arricchisce quindi di Alle quattro del pomeriggio e Alle quattro del mattino prima che i due salutino e lascino definitivamente il palco.
Per dovere di cronaca, va detto che la carriera di Matteo non nasce dal nulla. Un passaggio importante è quello dell’incontro con Umberto Giardini in arte Moltheni, nel 2009, che sancisce l’inizio di una collaborazione artistica oltre ad una stima reciproca. Infatti l’anno successivo è lo stesso Moltheni, insieme a Gilberto Caleffi, a produrre il suo EP Qualcosa nel mio piccolo con 5 brani di cui uno inedito scritto da Umberto. Il seguito è fatto di decine di live e un tour promozionale che culminerà con la definizione della formazione “a due” con Giulio, e diversi viaggi in giro per il mondo che gli forniranno molti degli spunti per il disco d’esordio. Per finire, nel consigliarvi l’ascolto completo del disco, vi segnalo anche che Matteo Toni è finalista ad Arezzo Wave. Segno che la musica di qualità viene riconosciuta e premiata.
SETLIST:
Melodia Isola nera Santa pace Capitano I provinciali di nuoto Acqua del fiume Fidati Fluir Bruce Lee vs. Kareem Abdul Jabbar Senza Fede Alle quattro del pomeriggio Alle quattro del mattino
(La foto di Matteo Toni al Caffè Latino è di MG Umbro)
Articolo del
07/03/2013 -
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