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Via di corsa tra le cose lasciate a metà, mi infilo in macchina e corro al Teatro Filarmonico per la rassegna Pianisti promossa da Eventi. Non c’è molto tempo, ma per fortuna le strade della città non sono affollate vista l’ora. Parcheggio e volo a ritirare l’accredito col fiatone. Apro la busta per l’atteso concerto di Due come noi e leggo le indicazioni per raggiungere il posto assegnatomi. Strabuzzo gli occhi. Leggo e rileggo. Penso che abbiano sbagliato e ricontrollo in nome sulla busta. No, tutto corrisponde. Stasera grande evento musicale e grande evento per il Palco Reale che mi aspetta esattamente di fronte ai due maestri della musica. Che figata gustarmi così Gino Paoli e Danilo Rea. Grazie Eventi!
Mi accomodo e attendo entusiasta. Poco dopo mi ritrovo attorniata dai giornalisti, quelli seri, delle testate ufficiali e mi scappa un timido sorriso di soddisfazione... Osservo il pubblico dalla cornice del palchetto che fa sembrare tutto un quadro. Il grande orologio, sopra il palco segna quasi le 21. Calano le luci e entrano i musicisti. Li accoglie un caloroso applauso e Gino Paoli, preso il microfono, ci tiene a sottolineare la caratteristica ‘anomala’ della performance musicale che di lì a poco inizierà: ‘Siamo molto fortunati per due motivi, uno perché abbiamo un lavoro, che di questi tempi non è affatto scontato, e poi perché facciamo un lavoro che ci piace. E lo facciamo inseguendo le emozioni e che speriamo arrivino anche a voi.’ E inizia con Donizetti, Una furtiva lacrima. Con questa dà subito il la alla serata. Emozioni, nelle quali prevale la malinconia, che però non è solo quella della sfumatura triste del termine italiano. Richiama più la saudade portoghese, con quel misto di dolce tristezza e trasporto. In tutto il teatro non vola una mosca, c’è un silenzio molto intenso. Il pubblico è già catturato dalle emozioni a cui accennava Paoli. Ascoltarlo in duo con il pianista Danilo Rea è un’occasione che a mio parere rende al meglio la sua capacità espressiva, la enfatizza rendendola più immediata e profonda. I due sul palco sono complici di una grande libertà musicale che crea un’atmosfera molto intensa e carismatica. Impossibile seguire il concerto con distacco. Giocano con le note, con le rispettive improvvisazioni e ogni fraseggio di piano e ogni parola cantata hanno un peso diverso dalle performance con la band. Rea, con la sua grande conoscenza tecnica, non si abbandona ai virtuosismi, ma resta ancorato alla melodia per trasmettere con forza i sentimenti della partitura, Paoli con la sua voce calda e graffiante sa dare alle parole che canta una potenza inedita. Così come quando canta La canzone dell’amore perduto, Vedrai vedrai o Sassi. Il concerto di Verona è per Paoli l’occasione, sulla scia della saudade, di fare ‘un viaggio indietro per trovare amici che ho perso lungo la strada’ come dice dopo aver cantato Sapore di sale. E assieme a De Andrè e Tenco, canta l’amico Lauzi. Rea sul pianoforte è ipnotico, le sue mani si muovono senza sosta e disegnano geometrie sulla tastiera e nell’aria, roteando come il mago che prepara la preziosa pozione; Paoli è misurato nei gesti, quasi impassibile, ma assolutamente carismatico e potente nella prossemica e nell’interpretazione.
Con questa presenza magica offrono ai presenti circa 25 pezzi. E ognuno è un quadro che scivola via veloce lasciando impresse le differenti sensazioni che racconta, come vigorose pennellate di colore. Ovviamente non manca La gatta, che il pubblico accoglie tenendo il tempo con le mani, Il cielo in una stanza, Che cosa c’è, Una lunga storia d’amore e Senza fine al bis. Fanno anche un omaggio alla canzone napoletana con O sole mio, Reginella, interpretano il repertorio francese con la versione italiana di Ne me quitte pas, e un’incursione nell’amato jazz da entrambi con Time After Time. Un incanto di spettacolo live che raccoglie continui sold out.
Articolo del
12/03/2013 -
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