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Oltre due ore di assalto frontale all’apparato uditivo degli spettatori, un rumore assordante, che ti paralizza, che ti sorprende, ogni volta di più, che non ti permette neanche di sottrarti, o di andare via. Gli Swans di Michael Gira tornano a Roma in una data del loro tour dedicato a The Seer, l’album dell’anno scorso, un disco memorabile, uno dei più importanti della passata stagione. Trovano il pubblico delle grandi occasioni: sono in molti a restare fuori, senza poter comprare il biglietto, lo show è sold out, il Circolo degli Artisti non può consentire l’ingresso a quanti sono arrivati fin qui, sono in molti, troppi, e questo senza che neanche ci fossero manifesti pubblicitari in giro.
La dimensione live di Michael Gira con gli Swans è ben diversa da quella dei suoi show acustici, in solitario o con gli Angels Of Light. No, questa sera non c’è neanche lo spazio per una benché minima forma canzone o impronta melodica. E’ il fragore che emerge come protagonista assoluto, in una atmosfera buia e agghiacciante. Succede raramente che delle sonorità possano essere talmente oltranziste e letali da incutere paura. E’ successo questa sera, davanti a quei rintocchi mortali dei timpani e ad una sezione ritmica altamente percussiva che si mescolava sapientemente alle distorsioni delle chitarre elettriche, strofinate con una brutalità indecente e selvaggia. La sezione vocale risulta praticamente inesistente, si limita a dei vocalizzi, a delle grida lancinanti, disperate affidate ad un Michael Gira cupo ed introverso, poco incline ad ammiccamenti verso il pubblico. Loro sono gli Swans, sono qui a ricordarci quanto non ci piace ascoltare, sono venuti a gettare una pietra tombale sull’ingenuo ottimismo di chi cerca ancora, di chi spera ancora, in un qualsiasi gesto d’amore, in un futuro diverso, più generoso e caritatevole. La potenza di fuoco di composizioni come A Piece Of The Sky o la lunghissima The Seer non lascia spazio ad ulteriori considerazioni o pensieri. Schegge metalliche pervadono la sala, poche note, semplici, ma ripetute in modo frenetico ed ossessivo. C’è da stare male, in effetti mi passa davanti una ragazza tremante sul punto di svenire, che viene accompagnata fuori. E’ musica cosmica, che mette in risalto la nostra pochezza di fronte ad un Universo che conosciamo solo in parte, e che cerchiamo invano di dominare. E’ un suono catartico, liberatorio che ci mette al riparo dai nostri limiti. Sono bordate tremende nelle quali affogare le nostre colpe , i nostri peccati. Il canto di Michael Gira talvolta assume i contorni delle invocazioni tipiche degli antichi rituali sufi, anche se poi i contenuti sono diversi: sesso, morte, disillusione ed abbandono emergono all’interno di racconti musicali complessi, dai quali è bandito ogni riferimento melodico, ad un punto tale che sembrano davvero gli ultimi frammenti di una umanità lacerata, che si è definitivamente perduta.
Michael Gira evita accuratamente di eseguire quei pochi brani cantati presenti su The Seer, preferisce mantenere un codice espressivo estremo, che non cerchi appigli verso un concetto di intrattenimento, di qualsiasi tipo. Esegue Coward, un vecchio brano del 1985, ma per il resto è dissonanza e fragore. Un malessere esistenziale che viene trasmesso al pubblico con una efficacia tale da far star male chi ascolta.
Un concerto degli Swans non è uno show qualsiasi: è qualcosa al confine fra arte e psicoterapia, è una fatica psichica che si compie, è uno stordimento collettivo che mira al superamento di noi stessi, costruttori di un mondo che fin qui ha prodotto tanta merda. Da un punto di vista strettamente musicale gli Swans sono ormai oltre la risposta al punk inglese modaiolo di fine anni Settanta, è superata anche l’etichetta di post rock con cui venne definita inizialmente la loro musica. Lo sperimentalismo di Michael Gira possiede al suo interno degli elementi così terroristici e provocatori che possiamo definire gli Swans come i nuovi Luddisti della scena “indie” internazionale. Non soltanto ottimi musicisti, ma quasi dei severi sacerdoti di un nichilismo che non lascia spiragli, che non ammette scuse e che ci accompagna con note cadenzate e solenni verso la fine.
(La foto e il video dei Swans a Roma sono di Giancarlo De Chirico)
Articolo del
23/03/2013 -
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