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Dopo il successo del suo tour estivo, Alessandro Mannarino ha pensato bene di presentarsi nuovamente di fronte al pubblico della sua città, ma questa volta in forma diversa. Niente più piccola orchestra “gitana”, niente più sezione fiati in stile balcanico, ma una rilettura unplugged dei suoi brani, all’interno di un repertorio che comprende sia Il Bar della Rabbia, il suo fortunato album di esordio del 2009, che Supersantos, il secondo cd, uscito nel 2011. Lo show prende il nome di Corde e vede Mannarino sul palco con la sua chitarra acustica a sei corde, strumento dal quale prendono forma tutte le sue canzoni. Ballate malinconiche, che diventano talvolta impetuose e struggenti, ma conservano sempre il pregio di un tratto profondamente ironico e divertente. Brani estremamente diretti, che si avvalgono di una buona struttura melodica e che hanno conquistato un po’ tutti, grazie anche alla coralità interna al refrain di quasi tutte le canzoni.
C’è il tutto esaurito infatti questa sera nella Sala Santa Cecilia, un luogo che di solito viene riservato a musicisti internazionali con una carriera artistica di un certo spessore. Non è il caso di Mannarino, che si ritrova quasi all’improvviso al centro dell’attenzione mediatica in campo musicale, grazie ad un passaparola a dir poco fulminante. Con lui sulla scena, le chitarre di Tony Canto, collaboratore di Mario Venuti, di Alessandro Chimienti, musicista dalle radici rock-blues, e di Fausto Mesolella degli Avion Travel. Un quartetto insolito, ma quanto mai affiatato che asseconda a perfezione le interpretazioni di Mannarino, un cantautore atipico, che canta gli ultimi, che rende protagonisti delle sue canzoni persone che vivono ai margini della società come barboni, zingari, ubriaconi, prostitute, carcerati e artisti di circo. La vita viene reinterpretata come in un sogno tragicomico, arricchita da una colonna sonora generalmente folk rock, ma che prende in prestito elementi tipici del blues, della rumba, della canzone gitana così come degli stornelli romani. Storie d’amore strampalate ed impossibili, una musicalità corale che mette in primo piano disperazione e degrado, che dà voce a disillusioni impastate di alcool, preghiere laiche lanciate con veemenza verso un cielo nel quale Dio è assente, malgrado venga nominato fin troppo spesso nelle sue canzoni. La vita non lascia scampo, c’è soltanto la morte ad attenderci nel nostro futuro. Solo uno è riuscito a farla franca: si chiamava Gesù Cristo, ma lui era raccomandato. Allora smettiamola di vivere come se fossimo già deceduti, timorosi l’uno dell’altro, pieni di sensi di colpa e della paura del peccato.
Un vitalismo contagioso e frizzante è interno alla maggior parte delle composizioni di Mannarino, un poeta di strada che dimostra di avere del talento quando ricorre a metafore e simbolismi di un certo rilievo, come per esempio su brani come Osso di seppia, Il pagliaccio, Serenata silenziosa e Quando l’amore se ne va. In altre occasioni invece cerca di strafare, esagera con citazioni fin troppo note ed il suo umorismo diventa un po’ troppo facile e televisivo (non dimentichiamo che è stato ospite fisso del programma Parla con me condotto da Serena Dandini).
Impossibile però non restare meravigliati, quasi attoniti, di fronte ad un pubblico così emozionato e festante che conosce a memoria le sue canzoni, le canta a squarciagola al punto di strappare la scena allo stesso Mannarino, che ad un certo punto si arrende. Depone la chitarra, smette di cantare e - questa volta quasi commosso - rivolge il microfono verso la sala, che si sostituisce a lui nel finale con una coralità impressionante. Il segreto del successo di Mannarino risiede molto probabilmente in quel riuscito mix di elementi diversi che prende in prestito di volta in volta le atmosfere musicali dei Gypsy Kings, dell’orchestra di Goran Bregovic e i recital del grande, indimenticabile Petrolini.
SETLIST:
Rumba Magica Le cose perdute Serenata silenziosa Giuda Maddalena Mary Lou Il pagliaccio Serenata lacrimosa L’ultimo giorno dell’Umanità Scetate vajò Osso di seppia L’onorevole Statte zitta Me so’ ‘mbriacato Merlo rosso Tevere Grand Hotel
Encore: Fatte Bacià L’amore nero Quando l’amore se ne va Soldi Il Bar della Rabbia
Articolo del
28/03/2013 -
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