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Tornano alle origini, ma in veste nuova. Dopo un’estate rovente con una tournée ricchissima di date, l’inizio del 2013 porta nuovamente i Negrita ad accendere l’intera penisola con numerosi appuntamenti. E con una grande novità. Non più arene estive e stadi dove esibirsi, ma location più solenni, quelle dei teatri, dove il raccoglimento diventa parte della performance. Si misurano con una nuova sfida, che un po’ li riporta agli inizi di più di 20 anni fa, quando giravano nei club toscani consumati dal sacro fuoco del blues. Ora ripropongono al vastissimo pubblico di affezionati un esperimento che li avvicina alle origini con però, in più, la forza del cambiamento e della maturazione che li ha condotti fino ad oggi.
Immaginarli attorniati dai palchetti barocchi del Teatro Filarmonico, dove Eventi li porta con la storia rassegna Cantautori D.o.c., fa un effetto strano. Vederli sul palco calate le luci, ancora di più. E questo straniamento è fortissimamente amplificato dal pubblico. Tutti fermi, seduti, in silenzio. Ma quando escono dalle quinte, i primi appassionati si scatenano in saluti ai paladini. E i Negrita partano nella nuova traversata. Apre la serata Bonanza e non ci sono più dubbi sul registro del concerto. Pau si rivolge al pubblico ‘Vi sembriamo strani così seduti, tranquilli?’ La risposta è ovvia. Ma il nuovo live è davvero azzeccato. L’Unplugged Tour è stato pensato con una scaletta che ospita circa 30 canzoni, tra le quali anche i brani che strada facendo sono stati meno o per niente suonati negli ultimi anni. Per tutte, comunque il cambio d’abito. Nelle arene prevale l’emozione irrefrenabile che ti fa saltare al ritmo della musica, con tutte le colorate sfumature che sa accendere. Al Filarmonico, con le chitarre acustiche dal gusto vintage e la scenografia, semplice, che con le lampade da terra richiama un salotto, esalta tutta la parte più intima del loro lavoro e la cifra stilistica che poi si traducono in carica energica che in tutti questi anni li ha tenuti sulle scene. C’è una grande reciproca attenzione, tra chi sta sul palco e chi vi sta di fronte, nei diversi volumi architettonici del teatro. In questa particolare e inedita dimensione arriva con forza tutto il lavoro che c’è dietro, non solo della partitura e degli arrangiamenti rivisitati, ma anche dei testi, della ricerca della parola giusta che si sposi con la nota giusta per trasmettere esattamente quella sensazione, o quel concetto. Questo evidenzia il loro spessore e il contrappunto che lega melodie scanzonate e vitali a testi amari, e una visione della vita di chi si sa e si vuole mettere in gioco e dice come stanno le cose. Si assapora bene anche la bravura tecnica che emerge nei pezzi acustici. Le canzoni del Filarmonico sono più di venti e non mancano Bum Bum Bum, Cambio, Luna, Gioia infinita, Che rumore fa la felicità, Hollywood, Radio Conga, Mama Maè... Tra l’una e l’altra Pau cerca il contatto con il pubblico e basta un semplice accenno come con la domanda ‘Siete vivi?’ che il teatro si trasforma in un grande palco dove tutti saltano e battono le mani.
La rassegna Cantautori D.o.c. sposa alla meraviglia questa versione del quintetto rock toscano, facendolo apprezzare anche per l’innata dote cantautorale che emerge spontanea. E nitida emerge anche quell’alchimia di suoni e sfumature della band aretina, che nel suo andare e suonare dinoccolata, racchiude anche nelle ballate più dolci, un gusto salmastro enfatizzato al Filarmonico dalla chitarra blues di Drigo, che novello Jimi Hendrix si scatena a fine serata in un assolo da manuale. La conclusione del concerto è molto simile a quelli di stadi o arene, Pau che si mette a ballare sulle note di Three Little Birds di Marley, e con lui il pubblico che l’abbraccia da sotto palco, con una bellissima energia positiva della quale i Negrita sono grandi portatori, regalando un’altra serata di ‘ordinaria magia’.
Articolo del
04/04/2013 -
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