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Sono passati vent’anni dal loro esordio, nel frattempo cambi di formazione e virate vertiginose hanno portato i Motorpsycho in territori così lontani dalle loro corde che a volte anche i fan più sfegatati sono rimasti interdetti. Oggi li ritroviamo con un disco nuovo di zecca presentato al Circolo degli Artisti, messo a fuoco già tre anni fa da un altro show che aveva superato abbondantemente le due ore. Il sold è annunciato, quasi “doveroso” nei confronti di una band che non ha mai deluso le aspettative, semmai i fan più ottusi e impreparati al cambiamento.
È un lunedì neanche tanto caldo per essere maggio il che gioca a nostro favore considerati i gradi che può raggiungere la sala. Il Circolo è strapieno, non ci sono band di supporto, l’inizio del live è previsto per le 21.30. Nessun intoppo e cinque minuti prima dell’ora indicata eccoli sul palco, stavolta non nella classica formazione a tre ma con un elemento aggiunto alle chitarre, Reine Fiske. Il “secondo” chitarrista non è stato ingaggiato per dar corpo a un suono già di per sé spesso e corposo ma per garantire continuità e maggior libertà all’estro di Snah e Bent. Si parte con Year Zero e, manco a dirlo, il pubblico va in brodo di giuggiole regalando applausi spellamani e urla scorticanti. La band sa che l’Italia non li ha mai abbandonati, anzi con il passare del tempo ha sostenuto anche le scelte più estreme del trio norvegese presenziando in massa ai loro concerti. Ciò che meraviglia stasera è l’inaspettataa scaletta che vede al secondo posto The Ocean In Her Eyes, una chicca considerata minore da molti che dal vivo raggiunge picchi emozionali straripanti. I Motorpsycho sono maestri indiscussi nel condurre il pubblico verso vertiginosi saliscendi e con classe invidiabile alternano momenti del presente (August) ad altri del passato attraverso la ripresa di Überwagner Or A Billion Bubbles In My Mind dall’E.P. pop Serpentine (2002). Poi arriva Hell Part I-III con la sua potenza sabbathiana che trasforma la sala in un alcova di eletti la cui unica perversione è la musica. Il picco emozionale sprofonda velocemente verso una calma maestosa: la commovente Feel appare dal nulla prendendo per mano i presenti con le sue note lente e serene. Bent in perfetta forma tecnico/vocale, nonostante sia oltre i 40 anni, lascia che il pubblico canti il ritornello "It feels so good to feel again" che si trasforma in un mantra liberatorio.
Niente è scontato nei loro concerti, la band tira a lucido Watersound in una versione al cardiopalma. L’irruento riff di Walking On The Water, durante cui sotto il palco si scatena un pandemonio selvaggio ma controllato, sigla uno dei momenti più intensi del live. Come esplosivo al plastico, piazzato nei punti strategici di una costruzione in demolizione, deflagra The Bomb-Proof Roll And Beyond (For Arnie Hassle), pellicola sensibile che cattura la sintonia del duo Saether/Ryan, impegnati in un intreccio basso/chitarra da colpo apoplett(r)ico.
Sono passate due ore, è il momento di una pausa, più che imposta sembra quasi gentilmente chiesta al pubblico. Bent e soci fumeranno una sigaretta e torneranno fra dieci minuti. Neanche il tempo di pensarci, i minuti sono cinque, nel frattempo si affaccendano mille congetture sul prosieguo dello show. Faranno un brano? Forse due? Se va bene magari tre. Niente di tutto questo: che fosse una serata più che speciale lo avevamo capito da subito ma neanche il più ottimista si sarebbe aspettato l’esecuzione per intero di Blissard, gioiello discografico incastonato a metà fra Timothy’s Monster e Trust Us. (Cosa ci sarà mai stato dentro quella sigaretta ci chiediamo). Di fronte a tanta generosità si rimane davvero ammutoliti e spiazzati. Non siamo di certo dei neofiti, avevamo assistito a molti loro live, uno su tutti al Barrumba di Torino era durato più di tre ore, ma stavolta l’esecuzione magistrale di un intero disco la cui seconda metà viene anche abilmente dilatata, lascia di stucco. Distribuiti dentro i cinquanta minuti di questo regalo troviamo disseminate chicche come l’accenno alla pachidermica The Wheel e il riff di basso di Black To Comm, omaggio agli MC5. Greener raggiunge toni epici e la cerniera fra la plumbea True Middle e la possente S.T.G., con tanto di chitarre innalzate come calici al cielo, toccano le corde dei più refrattari. Ma è la versione spaziale del piccolo capolavoro Fools Gold, qui dilatata e ricostruita dalle macerie volutamente lo-fi del disco, a decretare la fine del concerto e la vittoria schiacciante della band.
I Motorpsycho sono scesi per dimostrare, ove ce ne fosse ancora bisogno, di essere oggi la band che rappresenta meglio lo spirito selvaggio del rock, rimasta in perfetta sintonia con gli anni settanta, che fa meglio della prolissità auto-celebrativa degli ultimi errabondi Mars Volta e sono più caldi della perfezione stilistica dei Tool. Un incontro con la spiritualità, non più un concerto, una catarsi totale. Potenza e delicatezza, classe e prepotenza, arrangiamenti di fine grana e distorsione abrasiva, il tutto sostenuto da un equilibrio alchemico raro. Chi non c'è stato potrà solo avere un vago sentore di cosa ha perso ma neanche lontanamente immaginare cosa hanno fatto sul palco questi tre cavalieri norvegesi. Fuoriclasse assoluti, live impeccabile.
SETLIST:
1. Year Zero 2. The Ocean In Her Eye 3. August 4. Überwagner Or A Billion Bubbles In My Mind 5. Hell, Part 1-3 6. Feel 7. Watersound 8. Walking On The Water 9. The Bomb-Proof Roll And Beyond (For Arnie Hassle)
Encore Blissard 1. Sinful, Wind-borne 2. Drug Thing 3. Greener 4. ‘s Numbness 5.The Nerve Tattoo 6.True Middle 7. S.T.G. 8. Manmower 9. Fools Gold 10. Nathan Daniel's Tune From Hawaii*
*Esguita dal cd durante la pausa
Articolo del
10/05/2013 -
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