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A Roma va in scena la musica d’autore al Lanificio159. Si apre la prima edizione del Roma Folk Fest che a dispetto del nome ospita una rassegna di giovani e affermati cantautori che simboleggiano l’alto livello musicale dei molti che, anche se un po’ in sordina, danno un contributo non indifferente al panorama musicale in questo caso prettamente romano.
Una serata dalla scaletta impegnativa che ha visto l’inizio alle 19,30 con Alessio Bondì, palermitano ormai romano d’adozione, classe ’88, finalista del premio De Andrè 2012, che scrive i suoi testi in inglese e siciliano, intrecciando folk, blues, pop e soul. A seguire Emilio Stella, romano, autodidatta ispirato da Battisti, De Andrè, De Gregori e Rino Gaetano, che dopo una lunga gavetta nei locali della capitale e dintorni, è arrivato alla ribalta aprendo i concerti di Alessandro Mannarino nel 2010 (cosa che si è ripetuta anche in seguito) e dell’Orchestraccia. Dopo di lui è stata la volta di Dola J. Chaplin, songwriter bohemien, che in inglese racconta il suo blues mischiato al rock e al folk alla Dylan, che ha esordito nel 2012 con il suo cd To The Tremendous Road.
I “tempi morti” per l’allestimento del palco tra un artista e l’altro, sono sapientemente riempiti da Valerio Mirabella che dalla sua postazione in fondo alla sala, proprio all’opposto del palco, in streaming racconta quello che succede, mette dischi in tema con l’atmosfera “folk”, ma soprattutto ospita gli artisti per una breve intervista dopo l’esibizione. Alle 21,30 circa sul palco è il momento dei Mamavegas, un collettivo di sei musicisti di diversa provenienza musicale, qui presenti in un set acustico, che raccontano (in inglese) le loro storie mischiando la natura con la città, gli archi e i fiati con la chitarra elettrica e il sintetizzatore, dove tutti suonano tutto e tutti cantano, creando un’atmosfera magica. Li seguono i Mammooth, anche questa una fabbrica di suoni composta da sei musicisti anche loro tutti romani, che dal 1997 lavorano nella musica a 360° con colonne sonore per il teatro, cinema e tv. E’ il turno poi di Leo Pari, cantautore della cosiddetta “scuola romana”, autore tra l’altro anche di diverse canzoni di Cristicchi, che con la sua faccetta ingenua e l’aria scanzonata, ci propone le sue storie vere, d’amore e di separazioni, ma con una simpatica nota ironica.
Intanto la sala ormai è gremita, l’orario è quello in cui in un evento normale solitamente inizia un concerto. Ma qui i concerti sono otto in uno e adesso ci si appresta alla parte finale e forse un po’ più sostanziosa per la caratura dei nomi che ne faranno parte, senza nulla togliere alla bravura e all’offerta musicale di altissimo livello che abbiamo potuto apprezzare fino a questo momento. Sono le 23,30 circa e sul palco si sistema Riccardo Sinigallia, accompagnato come sempre da Laura Arzilli al basso. Il suo repertorio è quello classico: canzoni come Bellamore, La revisione della memoria, La descrizione di un attimo, ma questa volta non è affatto una versione intimistica, anzi. Un’esecuzione energica, quella chitarra che sembra spezzarsi sotto le potenti pennate, e la voce che quasi grida a differenza del solito timbro armonioso. E la sua voce si sente ancora, forte, quando sul finale saluta e ringrazia. Ringrazia soprattutto chi, come in questo evento, da spazio a quelli che come lui fanno musica di qualità da anni (o decenni) ma, indisponibile a piegarsi alle logiche di mercato e di immagine, non riceve il giusto riconoscimento e la giusta diffusione dalle emittenti radio, dalla stampa e dagli organizzatori in genere, e rimane (immeritatamente) un po’ a margine di quella stessa scena musicale che invece contribuisce a migliorare con il proprio lavoro e sacrificio.
In questo modo però il distacco ed il passaggio all’artista successivo è meno drastico perché subito dopo, al suo posto sale Filippo Gatti, che dopo aver seguito tutta l’esibizione dell’amico Riccardo dal lato del palco, cantando anche in qualche occasione, si vede ad occhio nudo che è già carico e impaziente di cominciare. Accompagnato da batteria e tastiere, un set elettrico ed energico che si apre con No Guru e poi prosegue con Tutti mi vogliono quando mi va bene, Solo gli stupidi si muovono veloci, Ginestra, Lettera di un cantautore ai presidenti del consiglio, Non sei nessuno, tutte eseguite di potenza e inframezzate dai suoi commenti ironici sulle sue stesse canzoni, e senza risparmiare le solite frecciatine ai discografici o ai politici, a quali molti dei suoi testi sono indirizzati. C’è grande partecipazione col pubblico, e spesso grandi risate. Infatti viene salutato calorosamente quando termina e lascia il palco ai Discoverland, ovvero il nuovo progetto di Roberto Angelini e Pier Cortese. Chitarre, lap steel, voci e...iPad! Si. Ho detto proprio iPad. Un inizio che mescola il suono della lap steel alle sonorità tecnologiche di un tablet, che inizialmente ci propongono una versione decisamente originale di C’era una volta in America che poi si trasforma in Vieni via con me (di Conte, e giuro che ci abbiamo messo un bel po’ tutti quanti per individuarla). Coerentemente con l’obiettivo del progetto, ovvero riscoprire delle cover (e naturalmente farlo in modo proprio), ascoltiamo I’m On Fire (Springsteen), un mix tra Bjork e Kings of Convenience, I Feel Good (J. Brown), ma soprattutto La guerra di Piero di De André (ribattezzata La guerra di Pier per l’occasione) ed una fortissima Monna Lisa di Ivan Graziani per chiudere questa esibizione originalissima e divertentissima (anche qui, battute e prese in giro fra Angelini e Cortese, e ammiccamenti con gli amici Sinigallia e Gatti che dal lato del palco non hanno perso un minuto della loro frazione di concerto.
In tutto questo si son fatte le 2, e con grande dispiacere giungono le parole di ringraziamento di Valerio che dal fondo della sala sanciscono la chiusura di questa lunga serata. Insomma, folk vuol dire gente, e questa è la musica della gente. Ma è una musica di qualità sia nelle note che nelle parole, e le opportunità di sentirla e di diffonderla al di fuori dei soliti canali “ufficiali” dovrebbero essere molte di più. Per ora ci fa piacere registrare questa apprezzabile iniziativa del Lanificio159 in collaborazione con Radio Rock, Gas Vintage Studio e This Way Up Studio, ed aspettiamo la seconda edizione.
(La foto di Riccardo Sinigallia al Lanificio è di MG Umbro)
Articolo del
13/05/2013 -
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