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Serata di grande pregio che accoglie a Roma, nell’ambito della rassegna denominata C(h)orde, dedicata alla musica elettronica, Ólafur Arnalds, giovane musicista islandese originario di una piccola cittadina non lontana da Reykjavík. Il nome di Ólafur Arnalds è in costante ascesa nel panorama musicale internazionale tanto è che - a soli 27 anni di età - Olafur ha già al suo attivo diverse colonne sonore per film importanti come Another Happy Day, The Hunger Games e recentemente Gimme Shelter, pubblicazioni che si aggiungono ai tre album fin qui usciti come artista solista. Inoltre Ólafur ha aperto i concerti del’ultimo tour dei Sigur Ros e ha collaborato con l’artista berlinese Nils Frahm, a cui è legato da idee musicali nuove e condivise, che sono alla base della loro amicizia.
Questa sera Ólafur presenta dal vivo brani tratti da For Now I Am Winter, il suo ultimo disco, uscito nel mese di febbraio di quest’anno, ma ha avuto cura di inserire nel programma anche composizioni tratte dalle sua musica da film e da album precedenti come Eulogy For Evolution e il notevole And They Have Escaped The Weight Of Darkness. Questo perché Ólafur si presenta sulla scena senza l’apporto di Arnor Dan Amarson, il cantante islandese che aveva contribuito alla sezione vocale del nuovo disco. Il quartetto d’archi però è al completo e il concerto si dipana proprio all’interno di continuo scambio di partiture soliste e di contrappunti armonici fra il pianoforte di Ólafur Arnalds ed i violini. Ogni singola nota però è attentamente sottoposta al vaglio della strumentazione elettronica che Ólafur maneggia con disinvoltura, sia nella creazione di quei soundscapes illimitati e profondi che fanno da corollario alla chiave melodica dei suoi brani, sia nella proiezione di quei giochi di luce che disegnano figure ed immagini altamente simboliche sopra l’altare della Chiesa Evangelica Metodista che ospita la rassegna C(h)orde. Le composizioni di Olafur mescolano influenze classiche, melodia pop ed elettronica, ma devono molto anche alla musica di ambiente e - nel caso di un brano come Only The Winds - al minimalismo di Steve Reich. Fra i momenti più alti della serata ricordiamo l’esecuzione di Hands, Be Still, una composizione evocativa e struggente, e We (Too) Shall Rest, con quei violini sempre in piano che scavano nell’animo del folto pubblico presente in sala. Ólafur è un polistrumentista molto sensibile e preparato, la sua linea compositiva resta quella di un felice connubio fra musica neo-classica ed elettronica, ma adora anche sperimentare ogni volta qualcosa di nuovo. Infatti l’atmosfera così rarefatta e contemplativa di brani come This Place Was A Shelter e di Words Of Amber dimostra come gli orizzonti di Ólafur possano essere ancora più ampi, in direzione di una musica siderale, sempre contagiata però dalla luce - per quanto pallida - di un Sole. Frammenti melodici emergono piacevolmente da un substrato elettronico di ottima fattura e fanno in modo che l’assenza di Arnor Dan Amarson alla voce non sia altro che un piccolo dettaglio. D’altra parte Ólafur Arnalds ha fatto quasi sempre a meno fin qui di una sezione vocale, che nell’ultimo disco costituisce solo un arricchimento di alcune composizioni, non una necessità.
Il concerto si chiude con una piece per piano solo, intitolata Lag Fyrir Ommu che tradotta dal norvegese significa "Canzone per la nonna”. Si tratta di un brano che Ólafur ha scritto al momento della scomparsa della nonna, una composizione talmente delicata e carica di emotività da provocare commozione in tutta la sala. Il suono di un’anima che non vuole essere ingombrante e che illumina il freddo inverno islandese.
SETLIST:
Pù Ert Sòlin Pù Ert Joroin Tomorrow’s Song Hands, Be Still Only The Winds Beth’s Theme Gleypa Okkur We (Too) Shall Rest This Place Was A Shelter 3326 Brotsjòr Words Of Amber Undan Hulu Poland Near Light Lyosid
Encore Lag Fyrir Ommu
Articolo del
20/05/2013 -
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