Stasera al Magnolia si è presentato il pubblico delle grandi occasioni per dare il benvenuto alle Savages. Jehnny Beth (voce), Gemma Thompson (chitarra), Ayse Hassan (basso), Fay Milton (drums) sono quattro ragazze provenienti da Londra, osannate da Pitchfork e dal New Musical Express, nominate ai BBC sound 2013, esordiscono in Italia per il tour promozionale di ”Silence Yourself”, primo disco pubblicato il 7 Maggio per Matador Records/Pop Noire. Un album di qualità (prodotto da John Best, manager anche dei Sigur Ros) da suonare obbligatoriamente ad alto volume, dai forti richiami post-punk e new wave (i paragoni con Public Image Ltd, Magazine, Siouxsie and the Banshees, The Sound, Joy Division si sprecano) che in poche settimane ha letteralmente drizzato le antenne a tutti gli appassionati del genere, accorsi inaspettatamente in massa nonostante il loro semi-anonimato (tipico di una band agli inizi), una debole campagna mediatica ed oltretutto l’annuncio last-minute della loro esibizione italiana.
Poco dopo le 23:00, in un atmosfera di forte curiosità ed attesa, quattro esili sagome fanno il loro ingresso nell’oscurità del palco raggiungendo i loro strumenti. La magnetica ed androgina Jehnny Beth impugna il microfono, scambia un breve cenno d’intesa con le compagne e in un onirico scenario fatto di fumi, luci e penombre attacca con City’s Full. Si alza un vero e proprio muro di suono. Chitarre dai continui riverberi acidi e distorti, una linea di basso cupa ed avvolgente con quei giri ipnotici che rimandano irrimediabilmente allo stile del miglior Peter Hook, Fay Milton che picchia come una dannata la sua batteria e quella voce, rabbiosa e penetrante come poche, che in un attimo investe ed ammalia i presenti conquistandoli all’istante; il pubblico, dopo un solo brano, è già impazzito. Si prosegue con Shut Up, pezzo dai ritmi sincopati e con la nevrotica I Am Here. Senza alcuna tregua le Savages continuano con Strife, affondano il colpo e trascinando la folla in un sonoro girone dantesco fatto di armonie noise-rock, melodie goth dettate da basso e voce che si posano sui ritmi aggressivi ed ansiogeni della batteria. La band, superato l’ostacolo dei primi brani, si rende conto di avere tutti in pugno e comincia a distendersi e prenderci gusto. Jehnny inizia ad interagire con il pubblico tra un brano e l’altro dove per un istante, tutta la carica e l’aggressività fatte emergere fino a quel momento dall’artista, lasciano spazio alla reale fragilità e sensibilità di una ragazza visibilmente emozionata nel suonare per la prima volta qui in Italia, sicuramente colpita dal calore e dal trasporto dimostratole fino a quel momento, come lei anche il resto del gruppo.
Si arriva a metà concerto con la suggestiva Waiting For A Sign e quei vocalizzi così simili allo stile di Patti Smith, per poi ripartire con Flying To Berlin e No Face , tra i primi singoli realizzati dalla band. I muscoli si contraggono, i nervi si tendono come corde di violino in una frenetica spirale di sessioni ritmiche martellanti e chitarre al limite della velocità. La dose viene rincarata con She Will, singolo forse più riuscito dell’album, con quell’arpeggio di chitarra elettrica effettata e repentini cambi di velocità che acquisiscono ancora più risonanza durante l’esecuzione dal vivo. Stesso discorso vale per Hit Me ed il suo ruggito punk ornato da testi al limite del feticismo autolesionista. La cantante è ormai padrona del palco, si muove sinuosa ed ondeggiante sui suoi tacchi a spillo in continua ricerca di sguardi ed attenzione che riesce ovviamente ad ottenere senza troppi sforzi da un pubblico totalmente calamitato dalla sua presenza scenica. Ci si avvicina così a fine concerto con la dissonante e frenetica Husbands e con l’ultimo stridente brano introdotto da una diretta e sfrontata dedica di Beth rivolta a tutti i presenti : “This song is for every fucking fucker you met in your life. This is called Fucker “. Si conclude così un breve ma intenso concerto (un’ora circa) che ha visto proporre alle Savages quasi tutto il repertorio generato in questo primo anno di vita. Dopo qualche minuto le ragazze escono tra la gente per raccogliere i complimenti e firmare i numerosi cd e vinili acquistati in loco.
Le prime sensazioni che emergono lasciando il Magnolia, dopo quattro chiacchiere scambiate con i presenti, sono state quelle di aver assistito ad un evento riuscito sia per capacità tecnica che presenza sul palco. La curiosità e quel pizzico di scetticismo con cui si era partiti, a fine concerto hanno lasciato ampio spazio a piacevoli conferme. Le Savages colpiscono per l’intensità e l’estrema coralità d’esecuzione che le fanno diventare un tutt’uno sul palco capitanate da una grintosa Jenny Beth e dalle sue movenze iancurtisiane che esaltano la potenza e la rabbia dei brani. Il sound sembrerà pure provenire direttamente dal ’79, ma non cade mai nel tranello delle nostalgiche rivisitazioni, risultando comunque innovativo e riproponibile, pronto a farsi prepotentemente spazio tra le moderne sonorità. In conclusione, queste quattro riot grrrls londinesi vanno come treni, tanto da far sembrare il disco solo una scusa per farle suonare dal vivo. Poi dicono che il rock è roba da uomini.
SETLIST: City’s Full Shut up I am Here Give me a gun Strife Wating For a sign Flying to Berlin No face She will Hit me Husbands Fuckers
Articolo del
23/05/2013 -
©2002 - 2024 Extra! Music Magazine - Tutti i diritti riservati
|