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Le scelte del lunedì non erano mai state così ardue, una volta c’era “lunedì cinema” su Rai uno che risolveva le serate, ma i tempi sono cambiati. Oggi può capitare che ci sia addirittura l’imbarazzo della scelta, non in tv ma sui palchi di Roma. Per molti infatti il 27 maggio è stato sicuramente un lunedì di musica dal vivo, contraddistinto dall’indecisione su quale direzione di via Casilina prendere. Da una parte i Dinosaur Jr, dall’altra i Liars, io alla fine ho scelto i secondi. Pensandoci bene non è che questi gruppi abbiano molti punti in comune, forse tutta questa indecisione ce l’abbiamo avuta in pochi, però indecisi o meno, il ritorno nella Capitale del trio newyorkese è stato accolto da una folta platea, attenta ed entusiasta, come spesso accade negli appuntamenti infrasettimanali del Circolo degli Artisti, quelli in cui non si capita per caso. Il trio sale sul palco con a capo l’imponente Angus Andrew, che con lo sguardo perso ed i capelli sul viso prende posto al centro del palco, dietro all’asta del suo microfono e ad una miniconsolle di effetti. Lo stesso Aaron Hemphill, in versione ossigenata, lascia inizialmente la chitarra appoggiata sul muro e si posiziona dietro a synth e tastiere. Se tre indizi fanno una prova allora basta solo guardare l’assetto della batteria di Julian Gross, in buona parte elettronica, per capire in quale direzione del repertorio andrà la scaletta. Non mancano le fiammate post punk, quelle che hanno lanciato i Liars in orbita nel panorama alternative sin dagli esordi 10 anni fa, ma il grosso del live set è tratto dall’ultimo album ”WIXIW” (che si pronuncia Wish You), quindi prettamente elettronico.
Tra i pezzi in scaletta ci sono addirittura già delle anticipazioni del prossimo disco, probabilmente anche tra i primi tre brani eseguiti (Vox, Gold e Boyzone) e non a caso il pubblico, composto tra le prime file anche da molti aficionados della band, sembra non riconoscerli ed ascolta con molta attenzione. Boyzone in particolare, ha delle sonorità vicine ai Radiohead del periodo di “Amnesiac”, così come il tipo di vocalità adottata da Andrew si avvicina al clichè di Thom Yorke. Il primo vero boato di risposta sull’attacco e non soltanto sulla fine di un pezzo si ha con la title track dell’ultimo disco (WIXIW), che nella sua cripticità riesce a dire molto del nuovo sound dei Liars. Le dissonanze si tramutano in melodia e l’estraniamento diventa un domicilio per la mente. Dopo Mess With A Mission ecco un altro singolo, Number 1 Against The Rush, contraddistinto da tratti peculiari più protesi verso la new wave e con Gross che dalla batteria passa al basso. Su Who Is the Hunter è Hemphill ad imbracciare il basso mentre Angus Andrew passa al synth. Anche questo pezzo, sia per il tipo di timbro e di linea vocale che per il sound ovattato ed ipnotico, ha un qualcosa che porta con la mente ancora alle atmosfere Radiohead. Gross si sposta ancora sul synth e parte Brats, uno tra i brani più spinti dell’ultimo disco ed Angus Andrew, ‘posseduto’ dalla cassa dritta, arringa la folla che risponde presente alla chiamata al fomento collettivo.
La band esce dal palco per pochi minuti, quelli giusti per ricaricarsi in vista dei botti finali, Hemphill finalmente prende la chitarra, una fender bianca riverberatissima, il primo bis è violentissimo e secondo la scaletta dovrebbe chiamarsi LA. La chiusura invece è un fuori programma (almeno rapportandosi sempre a quel pezzetto di carta con dei titoli abbastanza vaghi rinvenuto ai piedi della tastiera di Aaron Hemphill) si tratta infatti di Broken Witch che risale all’album “They Were So Wrong So We Drowned” (2004), scandita da un ritmo ossessivo e psicotico fino al finale infuocato, con Andrew a stretto contatto con il pubblico che lo accompagna in una sorta di composta agitazione fino al termine del pezzo e del concerto, non indimenticabile ma soddisfacente.
Articolo del
30/05/2013 -
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