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Tanta bella roba in questa edizione un po’ anomala del Primavera Sound 2013. Anomala perché un vento pungente, che non sapeva affatto di Primavera, ha accompagnato tutta la durata del festival, deludendo un po’ le aspettative di coloro che volevano approfittare del sole e del bel tempo del Mediterraneo. L’ostilità del clima non è riuscita a smorzare l’entusiasmo del pubblico che ha anzi goduto di una sfilata di big, dai generi più disparati, provenienti da tutto il mondo. Protagonista della line-up prevista per lo scorso venerdì 24 maggio del Primavera è stata senza dubbio la tanto attesa band brit-pop londinese Blur, in quella stessa giornata che ha visto scendere in scena Daniel Johnston, Django Django, Shellac, Swans, The Jesus and Mary Chain e molti altri. Con un look sempre alla moda, un dente d’oro e qualche anno in più Damon Albarn e il suo gruppo, puntuali come un orologio svizzero, sono riusciti ad accendere gli animi di migliaia di fan accorsi allo “escenario Heineken” che aspettavano impazienti l’arrivo dei loro beniamini. I Blur, forse considerati insieme al massiccio Nick Cave i best of del Primavera 2013, infatti non hanno deluso.
In più di un ora e mezza di spettacolo, iniziato all’una e trenta di notte, hanno saputo regalarci un live valido e divertente, che qualcuno ha perfino definito “un po' cartoon”. All’apertura troviamo Girl & Boys, hit del loro terzo album “Parklife”, strategicamente scelta come incipit della loro performance. Continuando con Popscene, Beetlebum, Out of Time, Trimm Trabb, Caramel e Coffe & TV” i Blur ci offrono un tuffo a capofitto negli anni novanta, facendo rivivere a molti di noi un’atmosfera di adolescenza. Albarn abbina poi la propria voce alla tastiera con i pezzi più lenti Tender e The Universal. E’ però con Country House che frontman e compagni vengono quasi risucchiati dall’affetto dei fan.
Il concerto si chiude con la tanto attesa Song 2, per la serie the last but not the least, la canzone più canticchiata dalla gente già dall’inizio del live. E con un delirio finale del pubblico, che ricorda molto quello degli stadi, i quattro inglesini salutano tutti e portano a casa un’apparizione che li rende ancora degni di appartenere alla classifica delle band evergreen dei “90’s”.
Articolo del
25/05/2013 -
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