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La Islington Assembly Hall non è un posto particolarmente affascinante, ne brutto ne bello, acustica buona, ma poco carattere, eppure ieri sera si è trasformata in una piccola rappresentanza irlandese grazie al violoncello della splendida Alana Henderson, che ha aperto la strada con semplice eleganza all’esuberanza di Duke Special e ai due strampalati personaggi che lo hanno accompagnato sul palco: ai fiati Ben Castle e alla batteria - e a tutto quello che poteva essere percosso - lo stravagante genio di Chip Bailey. Non serve molto a creare la giusta atmosfera, luci soffuse, pubblico con birre e fiato sospeso, un po’ di fumo e due ore ininterrotte di musica in cui Peter Wilson (aka Duke Special) ha ripercorso come da programma tutto il suo ”Songs from the Deep Forest”, aggiungendo solo qua e la qualche canzone da altri lavori o qualche brano a richiesta.
Già perché l’artista irlandese ha deciso di impostare il suo tour europeo proponendo di volta in volta un disco diverso, come sfogliando le pagine di un diario, e a Londra è stata la volta di questo album del 2006 che raccoglie alcune delle sue canzoni più famose come Freewheel, Last Night I Nearly Died (but I Woke Up Just in Time), No Cover Up e Portrait. Duke Special è uno di quegli artisti che si fa fatica a inquadrare, quarantunenne irlandese, dai lunghi dread - che per due terzi dei suoi concerti gli coprono la faccia - ottimo pianista, voce vellutata, calda e precisa, vestiario bizzarro da nobiltà decaduta, amico di Neil Hannon (Divine Comedy), sembra però a dirla tutta un interessante misto tra Robert Smith e Billy Joel.
Due ore di musica sembrano essere anni e solo pochi secondi nello stesso tempo: anni nel senso che sembra subito di ritrovare qualcuno conosciuto tempo fa da qualche parte e mai veramente dimenticato, e pochi secondi perché il tempo vola in un turbine di note e applausi. Sul palco oltre al concerto si svolge una sorta di vivace pantomima che ha come protagonisti i musicisti e il loro strampalato e esuberante modo di esibirsi, mentre Duke Special e il suo pianoforte si fanno anfitrioni di canzoni dal profondo della foresta non curandosi troppo di quello che gli succede intorno. Le note nascono e si perdono nel silenzio di una sala incantata e soggiogata dalla malinconia, dal romanticismo, dall’umorismo di canzoni d’amore, di vita, di rimpianto, di riflessione, intermezzate da battute e botta e risposta tra Duke e il pubblico. Concerti del genere sono tra quelle cose che ti fanno sentire vivo, in modo terribile e affascinante, e ogni volta pensi che il miracolo potrebbe non ripetersi, e che ‘this could be my last day’.
(La foto di Peter Wilson aka Duke Special è stata scattata da Francesca Ferrari durante l’esibizione alla Islington Assembly Hall)
Articolo del
28/06/2013 -
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