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La voce angelica di Antony Hegarty torna ad allietare il pubblico di Roma con uno spettacolo intitolato She’s So Blue, quasi interamente improntato alla esecuzione di cover di brani importanti del repertorio di musica blues, jazz standard e rock d’autore. I suoi Johnsons questa volta sono un jazz ensemble di prim’ordine come quello di Steven Bernstein che - oltre a dirigere la sua orchestra - suona anche il trombone; fra gli altri grandi musicisti che accompagnano dal vivo Antony questa sera riconosciamo Julian Joseph, al pianoforte, Douglas Wieselman e Renaud Gabriel Pion, alla sezione fiati, Leo Abrahams, alla chitarra elettrica, Bradley Jones, al basso e Kenny Wollesen, collaboratore di John Zorn, alla batteria.
La serata è piacevolissima, l’atmosfera incantevole, per merito della grazia nella figura e della delicatezza nel canto di Antony che si presenta sulla scena in abito talare si rivolge agli spettatori con un tenerissimo "How are you, my babes?”. Il programma è lo stesso dello show presentato a Parigi, anche se l’aggravarsi delle condizioni di salute di Lou Red ha determinato nell’occasione l’assenza di Laurie Anderson che è tornata a New York. Il tema centrale delle canzoni di She’s So Blue è l’Amore, quello con la maiuscola, quello che non prevede distinzioni di genere, di sesso, di etnia, di religione e/o rango sociale. Lo spettacolo inizia con le atmosfere rarefatte e piacevolmente jazzate di For All We Know e di Returnal per arrivare poi ad una toccante versione di Child Of God, un brano di Kathryn Scott tratto da Hungry, un album del 2001. La diversità non è soltanto trasgressione - sembra volerci dire Antony - ma un altro aspetto dell’Amore, lo stesso che viene cantato su Cripple And The Starfish una ballata semplicemente struggente, uno dei pochi brani originali, scritti da Antony, che viene eseguito questa sera. Molto gradita dal pubblico la rivisitazione di As Tears Go By il brano scritto dai Rolling Stones e reso celebre da Marianne Faithfull; stupende le esecuzioni di Your Precious Love e di Cruel Mother che precedono una emozionante versione di I Will Survive, il vecchio successo di Gloria Gaynor , rivisitato in chiave jazz.
Antony si rivolge al pubblico e si sofferma amabilmente sul concetto di Dio che è tradizionalmente inteso come Padre, e perché non come Madre? Il Creatore può anche essere di genere femminile tanto è vero che “Quando guardo in alto verso il Cielo“ confessa Antony “Riesco ad intravedere la vagina di Dio” . Dopo una bella esecuzione al pianoforte di You Are My Sister, un classico del suo repertorio, Antony dedica Motherless Child ai bambini gay costretti a subire molte discriminazioni in Nigeria, in Uganda, in Russia ma anche in Italia; dopo Someday Someway arriva l’attesa esecuzione di If It Be Your Will, un classico di Leonard Cohen, un’altra preghiera, commovente e finale.
La voce di Antony tocca corde nascoste nel profondo dell’animo umano, riesce a far pensare, a far riflettere più di qualsiasi discorso. Dopo una breve pausa Antony torna sul palco e dedica una bellissima versione di Candy Says dei Velvet Underground al suo stesso autore, Lou Reed e ammette candidamente “A lui devo tutto”. Una serata di grande musica, un interprete davvero speciale capace di trasformare ogni nota del suo canto in una lode al Creatore.
SETLIST:
For All We Know Returnal Child Of God Cripple And Starfish As Tears Go By Your Precious Love Dream Cut The World Cruel Mother I Will Survive You Are My Sister Motherless Child Someday Someway If It Be Your Will
Encore Candy Says
Articolo del
05/07/2013 -
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