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L’anticamera dell’Inferno trova una corretta e corposa rappresentazione simbolica alla periferia di Roma, in una radura erbosa solitamente destinata ai cavalli da corsa, soppiantati nell’occasione da una band di sconsiderati piromani e mangiafuoco con la passione dell’Heavy Metal. Sono quasi le 22.00 quando dietro il telo protettivo del gigantesco palco allestito dai roadies del gruppo tedesco si intravedono le figure del massiccio vocalist Till Lindemann, dei chitarristi Richard Kruspe e Paul Landers, del bassista Oliver Riedel, del tastierista Christian “Doctor Flake” Lorenz e del batterista Cristoph “Doom” Schneider, più noti come Rammstein. Un fragore assordante accompagna ogni loro esecuzione, grazie ad una amplificazione pazzesca che asseconda perfettamente il lavoro dei musicisti della band.
Lindemann ha le sembianze di un gigantesco Frankenstein, stretto in giubbino di pelle, pantaloni e stivali da combattimento neri, sui quali campeggia un gilet rosa, tanto per proteggersi dall’umidità. Mai visto niente di più kitsch! Botti paurosi, lingue di fuoco che attraversano il palco, esplosioni che procedono a tempo con l’evolversi della musica: siamo a metà strada fra il set di un film sulla terza guerra mondiale e una notte di Capodanno!!! Brani come Ich Tu Dir Weh, Wollt Ihr Das Bett In Flammen Sehen?, Rammstein, Asche Zu Asche e la travolgente Du Hast costituiscono lo zoccolo duro del repertorio del gruppo di industrial metal tedesco, attivo fin dal lontano 1993, praticamente senza mai cambiare formazione.
E’ la prima volta che i Rammstein scendono fino a Roma e c’è molta attesa per il loro concerto. Quel nome ci riporta alla memoria un fatto tragico: l’incidente accaduto alla base N.A.T.O. di Ramstein in Germania nel 1988, quando una collisione in volo fra tre aerei appartenenti alle nostre Frecce Tricolori fece precipitare uno dei velivoli fra il pubblico che assisteva all’esibizione. L’impatto causò 67 morti e oltre 300 feriti. Con il passare del tempo, il ricordo di quel fatto increscioso trova rispondenza soltanto nel fragore metallico che pervade il suono della band; per il resto il gruppo offre uno show che si è trasformato in una sorta di Teatro degli Orrori messo in scena per dare giusto supporto coreografico ai brani musicali e anche per fornire un intrattenimento adeguato a quanti affollano i loro live act. Il pubblico è quello delle grandi occasioni e l’atmosfera ricorda un pacifico happening da “colazione sull’erba”, malgrado l’abbigliamento minaccioso di molti partecipanti. Le note di Sehnsucht, di Keine Lust e di Links 2 3 4 infiammano - e non solo sul piano metaforico - gli spettatori, che ondeggiano paurosamente in direzione del palco fra salti, grida e danze tribali di ogni genere. L’industrial metal dei Rammstein non è privo di momenti di alta coralità, di episodi di musica dalle tonalità drammatiche, talvolta epiche, è il caso della bellissima Ohne Dich, ma alla fine è il divertimento che prevale e la violenza simulata in tanti atti oltraggiosi sul palco, ha un valore decisamente liberatorio, possiede una valenza che potremmo definire catartica. Molto bello il siparietto che si svolge sul palco fra Till Lindemann e Flake, il tastierista del gruppo. Lindemann si trova perfettamente a suo agio nel ruolo del dominatore e si diverte a tormentare il malcapitato Flake in ogni maniera. Durante l’esecuzione di Mein Tale, per esempio, il povero Flake viene immerso in un pentolone, che viene dato alle fiamme dal spietato Lindemann nelle vesti di cuoco: finisce che Flake salta fuori dal recipiente saltellando, con il fondo schiena bruciacchiato e spetta ai roadies stenderlo a terra e bloccarne le fiamme. Più avanti Flake sarà la vittima prescelta di un Lindemann nei panni di un macellaio, assetato di carne umana e di sangue. Lindemann prende a calci Flake, disteso a carponi di fronte a lui, sempre più spaventato, sempre più sottomesso al punto di non cercare neanche di scappare quando - in un crescendo metallico mozzafiato – viene sodomizzato. La simulazione della copula sessuale è talmente verosimile da creare qualche imbarazzo, almeno fin quando Lindemann estrae il suo fallo finto dal posteriore di Flake e lo rivolge verso un pubblico esaltato ed entusiasta. A quel punto uno schizzo d’acqua potentissimo e fulminante fuoriesce da quel congegno diabolico posizionato proprio lì e si abbatte sul pubblico delle prime fila. Non si tratta di soluzioni artistiche particolarmente raffinate, ma il divertimento di tutti è assicurato. Una pompa di benzina fa la sua comparsa sulla scena, l’ideale per il rifornimento in corsa del lanciafiamme di Lindemann, determinato e pesante come un vero carnefice dell’era post atomica. Lui prende di mira la torretta di fronte al palco da dove vengono regolati i suoni e l’impianto luci: la colpisce con gettito letale di fiamme, che però subisce una sorta di effetto boomerang, torna indietro quindi, ripiomba sul palco, che esplode in più parti, con i Rammstein impassibili che continuano a percuotere le loro chitarre come se nulla stesse accadendo.
Siamo arrivati al gran finale e dopo l’esecuzione di Mein Herz Brennt e di Sonne ecco che un cannoncino, di un colore rosa pallido, viene posizionato sulla scena. Mentre il rullare della batteria raggiunge un crescendo orgiastico sul quale si innestano taglienti le chitarre elettriche, dando vita ad una ritmica serrata e devastante, Lindemann esegue Pussy e comincia a cavalcare il cannoncino, puntandolo verso il pubblico. Quando tutti ci aspettiamo un’altra botta di fuoco e di fiamme, ecco che arriva l’ultima sorpresa, quella finale, con un’ondata di schiuma che sommerge la gente, sempre più eccitata e festante! Riflettendoci bene, visti i contenuti della canzone, e l’esplosione finale, quell’arma da guerra aveva tutta un’altra valenza simbolica, più gigantesco fallo che cannone. Ma ormai non ci sorprendiamo più di niente, e neanche ci stiamo troppo a pensare sopra: i Rammstein assicurano sempre uno show straordinario e respingono al mittente tutte le accuse di violenza, prevaricazione, sessismo e anche di incitazione al nazismo che in passato gli erano state rivolte. Chi ne parla ancora, evidentemente non riesce a cogliere l’autoironia su cui si basa la proposta artistica del gruppo e - troppo impegnato a pensare - si perde anche quella sana razione di Heavy Metal che la band è ancora in grado di offrire alla sua gente. “Torneremo ancora!” grida forte Lindemann novello Frankenstein prima di scomparire dietro il backstage lasciandoci soddisfatti e storditi.
(Si ringrazia Maria Chiara Tortora per la foto dei Rammstein a Capannele)
Articolo del
11/07/2013 -
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