|
Pensavamo di averlo perso, oramai avverso allo show-biz musicale e brandito dai problemi di una vita fatta di eccessi, invece eccolo qui pronto a far valere la sua musica. Al traguardo del nono album spalmato in una carriera ventennale vissuta tra alti e bassi, tra scioglimenti e rimaneggiamenti di line-up, in barba alle mode che cambiano l’eterno leader del gruppo di Chicago ha nonostante tutto (e tutti) confermato di essere un valido punto di riferimento della musica rock-alternative contemporanea. Il pubblico di “Rock in Roma” all’Ippodromo delle Capanelle lo scorso 14 luglio pare conoscere bene il suo beniamino. Erano quasi tutti li per lui, Billy Corgan e i suoi ‘nuovi’ Smashing Pumpkins. Un gigante buono, un faccione lunare che ha suonato per ben due ore e trenta, dandoci costantemente l’impressione di avere a che fare con un’identità debordante e mai sazia, felice di trovarsi sul palco di Roma al cospetto, si direbbe, dei suoi più grandi amici: i fan. Con loro ride, scherza come non mai e si lascia andare volentieri a chiacchierate goliardiche sull’italianità di origine sua quanto della bassista. Da notare che, al contrario di tanti frontman-ego, Corgan ringrazia il pubblico anteponendo l’importanza della loro presenza alla sua: “E’ importante saperVi qui con me stasera” ripete dal palco alle tremila persone assiepate. Laddove questa non vuole essere una semplice analisi lessicale ma una costatazione di quanto evidentemente importante sia il riferimento-pubblico per un mostro sacro come lui. Siparietti e antologie del presente che prendono piedi dalle 21.30 in avanti. Prima, infatti, tocca aspettare con due performance, in fondo, niente male!
I concerti. Reduci dall’esordio “Orthodox”, il trio californiano Beware Of Darkness apre la nostra domenica sera, proponendo uno show senza particolari lampi. I ragazzi sono piuttosto nuovi da queste parti e come è giusto che sia intendono farsi conoscere per bene. In bilico fra sincere aspirazioni dark e altrettanto sincere aspirazioni a ritornelli da stadio, la band tira via dritto i pezzi dell’album: un po’ noise, un po’ White Stripes e Black Rebel Motorcycle Club , reggono bene la tensione da palco. Subito dopo, il cartellone sentenzia finalmente il primo rintocco cruciale della serata. Quando giunge il momento di Mark Lanegan il sole non vuole sapere ancora di tramontare ma si è pronti ugualmente ad assistere allo stage cinico, seducente e cupo di questo enigmatico personaggio situato al di là dell’inflazione e dei talent show contemporanei. Udiamo più persone chiedersi chi sia Mark Lanegan e la tentazione di rispondere citando Max Collini “è il cantante degli Screaming Trees” è forte. La verità è che il suo è un nome di lusso della musica rock a cui è impossibile prescindere laddove si voglia comprendere qualcosa sulla stirpe di classe del songwriting americano. Al centro dello stage, piantato lì per quasi quaranta minuti, immobile nella stessa posizione, Lanegan attacca con il rock-blues di The Gravedigger’s Song, pezzo che ormeggia sulle melodie dell’ultimo “Blues Funeral”. A seguire, congiunge le vene psych-folk di Gray Goes Black e quelle spiritual di Sleep With Me e One Way Street, in una sequenza che procede fiera con la sua inconfondibile cifra espressiva. Suoni microscopici, esplorazioni puntillistiche esplodono attraverso una voce graffiante ed evocativa che solo sul finire del concerto si fa più insistente e conduce a recuperare dal repertorio degli Screaming Black Rose Way. Capiamo che (a differenza di ciò che avverrà subito dopo con i Pumpkins) qui il mutismo di Lanegan, il suo metabolismo lento, il silenzio esasperato di certi passaggi sono interrogativi sempre profondi e inquisitori , uno scontro frontale tra la musica facile e quella più difficile. Il suono si propina sacralmente sul finire solipsistico della travolgente Creeping Coastline of Lights per poi farsi lucido ma in modo intermittente con l’ultima Metamphentamine Blues. Come in molti casi simili l’esito rimane freddo e distante, si ha la sensazione che ad assistere a un ‘one man show’ di questa portata nello spazio ‘sguaiato’ dell’Ippodromo ci si possa perdere qualcosa di quell’intimità a cui appartengono le canzoni di Mark Lanegan.
Si torna daccapo. Tanta roba ma proprio tanta. Attenzione però, presi dall’entusiasmo a non sbagliare la mira. Gli Smashing Pumpkins sul palco restano e sono Billy Corgan, l’unico essere capace di piegare a sua mera volontà tutti i componenti che negli anni si sono susseguiti nella formazione della storica band. La line-up non ha più niente in comune con quella degli anni d'oro ma la struttura non cambia: ritroviamo un fido chitarrista (Jeff Schroeder), l’immancabile presenza femminile al basso (Nicole Fiorentino) e un batterista pronto alle sfide più improbabili dettate da Corgan (Mike Byrne). Si parte in sordina omaggiando l’ultimo album “Oceania” con Quasar e Panopticon, per poi sobbalzare verso il chitarroso sound degli gli anni ’90 con Starz e Rocket. E difatti la pulsazione rock dell’epoca resta ben piantata nelle intenzioni del nostro che non ha nessuna voglia di nascondere i debiti artistici degli esordi ma che anzi appena può li riacchiappa sconvolgendoli letteralmente. Parte così il primo omaggio della serata dedicato al glam-rock di David Bowie con Space Oddity. I restanti due saranno devoluti a Immigrant Song dei Led Zeppelin e Breathe dei Pink Floyd, giusto per ricordare la direzionalità di suono e i giochini stilistici con cui si diverte ad allietare i presenti zio Corgan. Ma a parte ciò, è innegabile che la serata abbia avuto un punto di non ritorno, uno spostamento in avanti che a partire da Tonight Tonight prende a seguire quelle direttive che li avevano resi una della band più innovative e immaginative dell’intero panorama musicale. E’ il primo colpo al cuore: Corgan che con sola voce e chitarra introduce uno dei pezzi più belli degli ultimi 40 anni di rock, passando così del crepuscolo alla notte stellata dell’album “Mellon Collie and the Infinite Sadness”, è una terminazione nervosa senza precedenti. La voce epica, i ritmi quadrati, aprono la via alle suggestioni nostalgiche , ma mettono anche in campo la giusta alchimia tra la band al completo e il suo pubblico.
Il set procede con Pinwheels e Oceania, prima di svenare con austera e bipolare mutevolezza due capolavori come Ava Adore e Bullet With The Butterfly Wings. Tra fasi concilianti e stacchi violenti il set prende a decollare grazie alla natura incredibilmente duale di canzoni a metà strada tra l’indole buona e quella assassina, tipiche di una discografia entrata oramai in una dimensione di classicità. Facendo la conta delle canzoni si deve ammettere che non ce n’è una sbagliata: Today, Zero, Stand Inside Your Love rimangono ancorate alle proprie radici, ci ricordano che ad averceli di fronte, nella dimensione live, gli Smashing Pumpkins sono dei fuoriclasse. Sul finire della serata a tirare fuori nuova linfa provvedono ben tre pezzi recuperati dall’album di esordio “Gish”. Atmosfere cupe e pesanti contribuiscono all'equilibrio di I Am One, Siva e Rhinoceros tramite sonorità distorte all'inverosimile in cui il tributo principale è agli anni settante. Non a caso si chiude definitivamente la tripletta con uno stralcio di Immigrant Song dei Led Zeppelin seguita a ruota da Cherub Rock che termina la serata magistralmente tra l’emozione del pubblico. I ragazzi sul palco si sono divertiti e con gli ultimi pezzi hanno letteralmente massacrato i nostri timpani. Nicole, Jeff e Mike salutano e sgomberano la scena per meglio fare posto a Billy Corgan che si sofferma qualche minuto in più rispetto a loro per salutare scrupolosamente i tre ‘meridiani’ dell’arena. E siamo sicuri che se avesse potuto avrebbe stretto la mano ad ognuno dei presenti. L’unica data italiana dei Pumpkins a Roma ci ha regalato un live suonato più che bene ma soprattutto ci ha consegnato un frontman in grande forma al quale, siamo certi, si potrà in futuro guardare come ad uno dei corpi più celesti ed insieme più terreni del rock di questo secolo.
Setlist: Quasar Panopticon Starz Rocket Space Oddity (David Bowie) X.Y.U. Disarm Tonite Reprise Tonight Tonight Pinwheels Oceania Thirty-Three Ava Adore Bullet With Butterfly Wings One Diamond, One Heart Pale Horse Today Zero Stand Inside Your Love United States
Encore: I Am One Siva Rhinoceros
Encore 2: Immigrant Song (Led Zeppelin) Cherub Rock
Articolo del
17/07/2013 -
©2002 - 2025 Extra! Music Magazine - Tutti i diritti riservati
|