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La serata si apre con un gustoso antipasto come l’esibizione di Devendra Banhart e del suo gruppo che presentano dal vivo brani tratti da Mala il loro recente album. Rispetto al lo-fi e al folk basico delle sue prime pubblicazioni, Devendra ci sorprende in positivo regalandoci nuove composizioni più articolate e dotate di un groove decisamente accattivante. Le note di brani come Golden Girls, Never Seen Such Good Things e Taurobolium intrattengono piacevolmente il pubblico che nel frattempo prende posto in tribuna e sul prato.
Alla fine saranno 7.000 gli spettatori che accolgono il ritorno a Roma - dopo oltre 20 anni di Neil Young che è accompagnato dai Crazy Horse, un manipolo di guerrieri del Rock, orgogliosi, fieri e mai domi malgrado siano tutti avanti negli anni. Un concerto fantastico che resterà a lungo nella memoria dei presenti, la celebrazione di un rito, quello della chitarra elettrica, per oltre due ore di una musica che mira diritto al Cielo, grazie a lunghi fraseggi chitarristici che mettono insieme sogno e passione, fragore ed inquietudine. Sono in quattro sul palco per la data romana di questo “Alchemy Tour”: Neil Young, chitarra, voce e armonica a bocca, Frank “Poncho” Sampedro, seconda chitarra, Billy Talbot, al basso e Ralph Molina, alla batteria. Si sistemano al centro del palco, uno accanto all’altro, come se fossero degli adolescenti che sono in sala prova o che improvvisano una jam session. Non comunicano molto con il pubblico, ma fanno parlare la loro musica, danno voce a quelle chitarre, instancabili, lancinanti, furenti! Una tempesta di suoni, un’orgia di piacere che pervade il corpo e la mente.
Neil Young, canadese, viaggia ormai intorno ai 68 anni d’età ma i suoi duetti con Poncho Sampedro possiedono un’energia, una carica nervosa, che niente e nessuno sono in grado di eguagliare. Si comincia alla grande con Love And Only Love, Powderfinger e Psychedelc Pill un brano nuovo, tratto dal disco omonimo. Neil Young imbraccia la sua leggendaria Les Paul nera, che è ancora con lui, non lo abbandona, dopo oltre 40 anni di esistenza, perché è l’unica capace di riprodurre quelle sonorità sporche e ficcanti che sono il suo marchio di fabbrica. Tracce non sbiadite di un rock and roll che - malgrado tutto - riesce ancora a conservare quel sapore onirico e sognante, derivazione ultima di quell’ondata di musica psichedelica che non sì è ancora esaurita, ma che al contrario governa ancora il suo corpo.
Grandi sogni, altrettanto grandi delusioni, utopie collettive che si trasformano negli anni in un dramma privato, ma “every morning comes the Sun” come canta Neil Young sulla splendida Ramada Inn, e si ricomincia daccapo, più adulti, più consapevoli, con le parole che contano che non si regalano volentieri, che diventato nutrimento per le corde della sua chitarra. Alcuni spettatori fra il pubblico avrebbero voluto ascoltare un concerto fatto di greatest hits in formato live, come si conviene alle grandi star del Rock. E invece no, Neil Young non li ha accontentati: lunghe suite, tirate di dodici minuti e più, il disco nuovo, che fra l’altro è bellissimo, non l’album dei ricordi. No, lui non è ancora andato in pensione, ha qualcosa da raccontare, la sua voce sapientemente melodica e ispirata crea un apparente contrasto con lo stridore delle note della chitarra elettrica. Ma è proprio quella l’alchimia giusta, è proprio quello il segreto.
Esemplare l’esecuzione di Heart Of Gold, una citazione dal passato, è vero, ma quanto mai indovinata: ”keep me searching for a heart of gold/ and I’m getting old”, il destino di chi non si accontenta, di chi non vuole fermarsi, di quanti non vogliono smettere di cercare. Lui forse si ferma, non sarà facile rivederlo da queste parti in tour, godiamocelo tutto allora , centelliniamo ogni nota di questo straordinario concerto, che non regala niente allo spettacolo, che evita gesta e qualsiasi accenno al Mito, che non è per niente autoreferenziale, che però regala Musica allo stato puro, nutrimento per l’anima, bene assoluto. Splendida a tale proposito Walk Like A Giant un altro brano nuovo che ricorda con affetto i primi anni Settanta, quando i giovani si sentivano talmente forti e propositivi da sembrare dei giganti in grado di cambiare il mondo, di salvarlo. Ci sono andati vicino, ma la cosa non è pienamente riuscita. C’è comunque in Neil Young della sana nostalgia per quella “camminata da gigante” che musicalmente al suo interno recupera anche dei passaggi armonici di “Hey hey my my, Rock and Roll will never die”, prima di esaurirsi in un feedback fatto di bordate metalliche tanto ultimative quanto volutamente disturbanti. Parla poco Neil Young, ma quando uno come lui esegue Blowing In The Wind di Bob Dylan, che cosa diavolo resta da dire? Non mancano anche delle citazioni al festival di Woodstock come quando di fronte ai rumori simulati di tuoni e pioggia che escono dagli amplificatori gli spettatori sono invitati a ripetere in coro “No Rain No Rain”, ma non si è trattato di un concerto nostalgico.
Bene anche i brani nuovi come Hole In The Sky, una canzone dai chiari intenti ecologici, scritta pensando al buco nell’ozono, e Singer Without A Song. Dopo l'esecuzione di Surfer Joe And Moe The Sleaze, la serata conosce uno dei momenti più alti grazie alle bordate elettriche di Rockin’ In The Free World, una cavalcata che restituisce energie, che è catartica, liberatoria e che viene accompagnata in coro da tutti i presenti. Neil Young asseconda il pubblico e ripropone per ben due volte il refrain del brano, in modo tale da conferire al brano una sorta di immortalità, in una esecuzione che non conosce limiti, che non finisce mai, come il ricordo di questa serata.
Dopo qualche minuto Neil Young e i Crazy Horse tornano sul palco ed eseguono una straordinaria versione di Cortez The Killer, un brano assolutamente straordinario, l’elogio della chitarra elettrica, un vero e proprio assoluto, fatto di escursioni sonore e di passaggi armonici tanto soprafini quanto imprevedibili. Arriva il momento dei saluti finali e Neil Young saluta il pubblico sulle note di Cinnamon Girl, un’altra perla, incastonata nella leggenda della sua figura, quella di una quercia ben piantata, saggia, consapevole che continua ad agitare i suoi rami e a sparare fendenti elettrici sulla banalità del quotidiano e su una esistenza priva di sogni.
SETLIST:
Love And Only Love Powderfinger Psychedelic Pill Walk Like a Giant Hole in the Sky Red Sun Heart of Gold Human Highway Blowin' in the Wind Singer Without a Song Ramada Inn Cinnamon Girl Fuckin' Up Surfer Joe and Moe the Sleaze Mr. Soul Rockin’ In The Free World
Encore: Cortez The Killer Cinnamon Girl
(La foto di Neil Young & Crazy Horse a Roma è di GC De Chirico)
Articolo del
29/07/2013 -
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