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Da ormai quasi tre anni Roger Waters sta facendo qualcosa di grande, in qualsiasi senso, perchè come ogni sua opera, nulla ha soltanto un significato, ce ne sono sempre tanti racchiusi uno all’interno dell’altro, come in una matrioska… ovviamente gigante. L’uomo che può “modestamente” fregiarsi del titolo di “Genio creativo” della miglior band di sempre, i Pink Floyd, ha deciso di concedere a questa generazione una possibilità storica, assistere ancora alla messa in scena della sua creatura più importante, quello che più lo rappresenta e che ancora oggi riesce ad essere incredibilmente attuale, con i suoi messaggi ed il suo simbolismo. ”The Wall”, con buona pace di tutti, non è solo il capolavoro dei Pink Floyd, bensì la più importante opera rock mai composta. Non è soltanto una questione puramente musicale, sono i messaggi, i significati, le denunce, le interpretazioni, i simboli e le storie che vi sono all’interno che, proprio come tanti mattoni, la rendono un’opera “Totale” e assoluta. Tutto racchiuso in un solo concetto compatto, che resiste indistruttibile al succedersi delle epoche. Sono state dette e scritte tante parole dopo ogni show, la maggior parte figlie dell’estasi e della commozione. Sarebbe inutile cercare di descrivere l’intensità delle emozioni che la combinazione audio-visiva di “The Wall” è in grado di suscitare. Non sono mancate però neanche delle sparute critiche, in alcuni casi frutto di un mal celato impulso a voler essere a tutti costi una voce “fuori dal coro”, anche a costo di cadere nel ridicolo. Ad esempio criticare The Wall imputandogli di non essere uno show “imprevedibile”, il che rappresenterebbe una contraddizione in termini con l’essenza del “rock”, o peggio ancora come una “minestra riscaldata” (l’album uscì nel 1979) significa, nel primo caso, aver volutamente ignorato tutta quella carica di denunce che vanno da concetti assoluti come la presa di posizione contro le guerre, il capitalismo, il consumismo, la soppressione della libertà; fino a quelle che riguardano i singoli individui, dalle violenze, sia fisiche che psicologiche, alle paure e fobie di ogni tipo.
Nel caso dei commenti tendenti verso “la minestra riscaldata” invece c’è una dimostrazione di cecità di fronte a come questi temi, affrontati la prima volta più di 30 anni fa, siano ancora oggi inquietantemente ricorrenti. Le critiche di qualche misero “giornalettista” pretenzioso sono tuttavia nulle (ma lo sarebbero state in ogni caso) di fronte alle vere e proprie accuse che sono state mosse a Waters proprio per uno di questi simboli. La pietra dello scandalo infatti è la Stella di David, disegnata sull’enorme maiale volante protagonista della parte finale dello show. Il simbolo della religione ebraica, affiancato a quello degli altri mali dell’umanità (dalla falce e martello, al simbolo del dollaro, passando per il logo della Shell e quello della Mercedes, ma anche la stessa croce cristiana insieme alla luna islamica) ha scatenato molte polemiche. A metterci la faccia è stato in particolare il Rabbino Abraham Cooper (cui si è accodata anche la comunità ebraica romana dopo la data dello Stadio Olimpico) il quale ha accusato l’artista inglese di essere anti-semita e non solo, il Rabbino ha infatti rincarato la dose additando Waters anche di essere promotore di messaggi filo-nazisti. Ora non solo questa si rivela l’ennesima dimostrazione di una presa di posizione superficiale, dal momento in cui Roger Waters perse il padre impegnato a combattere proprio i nazisti durante lo sbarco di Anzio. A voler mettere i puntini sulle i questa accusa si rivela anche sintomo di onestà intellettuale e senso di autocritica pressoché pari a zero, dal momento in cui l’unico muro politicamente significativo ancora in piedi si trova proprio in Israele.
Tornando alla musica, la resa dell’opera è ovviamente perfetta, ma nello stesso momento dimostra ancora una volta quanto la tecnica individuale possa essere irrilevante accostata al genio compositivo, Waters infatti non è da considerarsi un grande cantante, ma nulla importa quando ci si trova di fronte a così tanta grandezza e ad una tale bravura interpretativa nelle diverse “scene” della storia che “The Wall” racconta. La sua band attuale non sono i Pink Floyd e nemmeno questo importa, perchè la frase Together we stand, divided we fall troverà senso in tante situazioni della vita di ognuno, ma non nella in quella di Waters intesa come ex-membro di questa band. Roger Waters in buona sostanza è i Pink Floyd e scusate se è poco. Per tutte le svariate migliaia di appassionati di Musica presenti ai suoi show resterà la memoria di una delle serate più memorabili della vita, date da uno spettacolo non solo scenograficamente splendido e musicalmente perfetto, ma anche in grado di arricchire le coscienze, per tutti gli altri si può solo provare compassione, perché The Wall non è solo un’opera immensa ma un inarrivabile patrimonio dell’umanità.
Articolo del
03/08/2013 -
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