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Un cabaret nero intrecciato con un “post punk” quanto mai cupo ed ossessivo segna il ritorno a Roma, dopo oltre trenta anni di assenza, dei P.I.L. la band formata da John Lydon, dopo la fine della sua avventura con i Sex Pistols (dove era più noto con il “nickname” di Johnny Rotten). Non ci sono più né Jah Wobble né Keith Leven, ma la nuova edizione dei Public Image Limited è formata da musicisti di tutto rispetto: Lu Edmonds (ex Damned, ex Billy Bragg Band, ex Waterboys) alla chitarra elettrica, Bruce Smith (ex Pop Group e Bjork) alla batteria e Scott Firth al basso. Mentre i Sex Pistols tornano a farsi sentire nella loro formazione originaria in maniera estemporanea, solo per qualche conveniente “live show” che ne giustifichi la “reunion”, i P.I.L. hanno ripreso anche a scrivere canzoni e a registrare dischi. L’ultimo si intitola “This Is P.I.L.” ed è un album niente male, uscito appena l’estate scorsa. La serata ruota intorno alla presentazione del nuovo album, ma non mancano pesanti ed incisive incursioni nel glorioso passato della band e infatti - subito dopo le esecuzioni delle pur valide Deep Water e Albatross - il pubblico comincia a scaldarsi non appena riconosce il “refrain” che accompagna una lunga e tirata versione di This Is Not A Love Song, uno dei pezzi forti del repertorio di John Lydon e soci.
Si sono radunati per l’occasione molti reduci del Punk di fine anni Settanta e qualche nuova leva. Un’occasione ghiotta, da non mancare, per chi non c’era e avrebbe voglia di confrontarsi almeno una volta dal vivo con John Lydon, in una versione ancora meno commestibile e di certo meno corroborante, rispetto a quella di Johnny Rotten, uno dei massimi esponenti di tutto il movimento Punk. Il gigantesco John, 57 anni ben portati, possiede ancora un grande carisma e una notevole estensione di voce, che gli permette di emettere grida lancinanti ed ossessive che intaccano il tessuto ovattato di una sezione ritmica volutamente ridotta, pesante quanto si vuole, ma anche fortemente ripetitiva. Non c’è da sorprendersi più di tanto, l’anima nichilista di John Lydon rifugge attentamente qualsiasi accenno melodico. Il suo intento è provocare, non più su grande scala, niente “social issues” questa volta, soltanto entrare nelle viscere della gente e urlare il malessere di chi ha capito la truffa del vivere sociale e se ne ritrae profondamente sdegnato. Poptoners, Careering, The Body e la bellissima, anche se estenuante, This Is What You Want This Is What you Get non cercano intrattenimento, ma sistemano accuratamente delle mine lungo il nostro percorso esistenziale. L’esecuzione di One Drop, il nuovo singolo, è quanto mai emblematica: «Noi veniamo dal caos» grida Jogn Lydon «Siamo liberi e senza regole/Non provate a cambiarci/Siamo come una goccia in un Oceano/siamo senza tempo, senza speranza/Siamo quella goccia che non segue il flusso, non asseconda il movimento».
Musicalmente la nuova versione dei P.I.L. inasprisce canoni espressivi già presenti a metà degli anni Ottanta, la band tende verso uno sperimentalismo più nero, John Lydon non modula propriamente il suo canto, lo trasforma in un solo grido, forte ed evocativo che procede di pari passo con i continui “loop” della strumentazione di palco. Soltanto nel finale, con la riproposta di Public Image e di Rise tornano riemergere la carica ribelle e l’energia del Punk primordiale e riscontriamo accenni di “pogo” sotto palco. Ma, ripensandoci bene, non poteva essere altrimenti: quel periodo si è esaurito con i Sex Pistols, John Lydon recita Johnny Rotten ma lascia poi alla dimensione P.I.L. il compito di decretare la fine delle speranze e dei grandi ideali, senza convenevoli, senza retorica, senza falsità.
SET LIST Deeper Water Albatross This Is Not A Love Song Poptones Careering The Body This Is What You Want Warrior Reggie Song Out Of The Woods One Drop
Encore Public Image Rise Open Up
( Foto di Eugenio Corsetti/ Francesca Romana Guarnaschelli)
Articolo del
30/10/2013 -
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