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Un incandescente cratere rosso dentro al grigio e gelido weekend romano. Grigio anche come le pareti esterne dell’Auditorium, ma che al loro interno cullano un cuore di lava. Rosso come le poltroncine della Sala Petrassi, ma soprattutto come i capelli di Nathalie, che ha offerto una performance vulcanica lo scorso venerdì.
Non è stata un’esplosione, bensì un percorso graduale, dall’incedere progressivo, crescente ed inesorabile come la discesa della lava. Dapprima ho notato lo schermo di plexiglass che confinava la batteria ed ho capito che la situazione evidentemente richiedeva dei volumi più “educati”, l’unico neo della serata. La resa è stata impeccabile, sebbene durante ogni pezzo non riuscissi a darmi pace per via del volume così contenuto. Per carità, era prevedibile e comprensibile in presenza di un pubblico seduto, per di più all’interno di un contesto “elegante” come quello dell’Auditorium, ma ciò non toglie che sia stato un peccato a mio modo di vedere o, in questo caso, “ascoltare”. Un buono spunto di riflessione, perché il problema non è stato il fonico, il problema viene da lontano, anzi è radicato altrove, perché evidentemente quando arrivi da X-Factor il pubblico si aspetta “il pop”, con dei volumi “pop”, che prevedono che si senta innanzitutto la voce. Nonostante tutto, la mancanza di un impatto sonoro massiccio non ha impedito a Nathalie di rivelare la sua anima, non solo “di vento”, ma rock! Pezzi come Playing With Your Dolls o Dall’inizio è la fine, hanno infatti un potenziale roboante ed andrebbero lasciate libere di sprigionarsi in tutta la loro intensità. Oltre alla batteria costretta dietro il plexiglass, il più sacrificato è sicuramente Francesco Tosoni alla chitarra. In più di una circostanza infatti avrei voluto apprezzare maggiormente gli intriganti arpeggi del chitarrista, nonché produttore ed arrangiatore di Nathalie. Tuttavia per potermi godere ogni sfumatura o effetto mi sono dovuto sforzare oltremodo, a volte estraniandomi dal resto, anziché goderne come un valore aggiunto alla voce di Miss Giannigtrapani.
La mancanza delle condizioni sonore per una partenza esplosiva non hanno comunque tarpato le ali al talento ed alle capacità dell’artista romana, che si è magistralmente destreggiata anche tra tastiera e chitarra. L’emozione e la timidezza della cantante stessa nell’introdurre i brani hanno inizialmente incontrato dei momenti di apparente freddezza da parte del nutrito e composto pubblico. Freddezza spazzata via di lì a poco, brano dopo brano, fino all’esaltante plebiscito finale con l’incessante applauso che ha preceduto i bis e che si è ripetuto poi al momento dei saluti. Lo stile vocale graffiante, che svaria tra atmosfere intime ed impetuosi crescendo, ricorda in ambito italiano un mix tra la personalità di Carmen Consoli e la verve di Gianna Nannini. Tuttavia il vero parallelismo che mi sovviene va al di fuori dei limiti (in tutti i sensi) della nostra penisola, perché al massimo delle loro potenzialità (e dei volumi), vedrei Nathalie e la sua band che si avvicinano maggiormente al sound di Skin e degli Skunk Anansie, a conferma che la sua Anima (rock) di Vento, cela al suo interno la forza per trasformarsi in un uragano.
Twitter: @MrNickMatt
Articolo del
03/12/2013 -
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