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Finalmente dal vivo in Italia, e per la prima volta a Roma, i Villagers, band irlandese che si è formata a Dublino nel 2008, ma di cui si è cominciato a parlare - e molto bene - soltanto nel 2010, dopo la pubblicazione di Becoming A Jackal, il loro primo album. Il disco incontrò i favori del pubblico e della critica e venne nominato sia per il Mercury Prize che per lo Choice Music Prize. In questi ultimi due anni il gruppo è stato in tour con i Grizzly Bear, i Tindersticks, gli Elbow, Tracy Chapman e Neil Young, ma ha trovato il modo di registrare anche un nuovo album, intitolato {Awayland}, che si è rivelato uno dei dischi più interessanti del 2013. Contrariamente a quanto accadeva in un recente passato, i brani del nuovo album sono stati composti e arrangiati con il contributo di tutto il gruppo, anche se la figura ed il ruolo di Conor O’Brien restano decisamente prominenti.
A prima vista Conor sembra molto più giovane di suoi 29 anni d’età e il suo approccio al live act è tanto discreto da rivelare una certa timidezza e quasi un senso di pudore nell’esibirsi in pubblico. Dopo pochi minuti però non possiamo fare altro che correggere il tiro: l’intima energia ed il genuino talento che Conor riversa nel suo songwriting gli permettono di conquistare la scena ed il pubblico del Circolo è tutto dalla sua parte. Non mancano ragazzi e ragazze irlandesi residenti a Roma che fanno sentire il loro appoggio, caldo e vociante, ai Villagers per tutta la durata dello show.
Accanto a Conor O'Brien, chitarra acustica, pianoforte e voce, ci sono Tommy McLaughlin, alla chitarra elettrica, Cormac Curran alle tastiere, Danny Snow, al basso e James Byrne, alla batteria e il concerto prende una forma oltremodo piacevole. Siamo deliziati dalla natura delle esecuzioni e dalla profondità dei testi, fortemente evocativi, di questo ragazzo irlandese che sa per davvero come si scrivono belle canzoni. L’indie folk dei Villagers ha invero molti punti di contatto con il pop folk degli americani Bright Eyes (anche loro guidati da un altro Conor, che però di cognome fa Oberst) ma la carica emotiva e l’intensità delle esecuzioni ci inducono a non lavorare troppo con la mente. E’ bello lasciarsi andare all’ascolto delle melodie, talora tristi, e delle storie talvolta drammatiche raccontate in musica dai Villagers (Conor ha perso la sua sorella maggiore non molto tempo fa) che però riescono sempre a rendere godibili le loro composizioni grazie a degli arrangiamenti molto ben curati e di presa immediata. A metà concerto l’atmosfera è già diventata così intima e confidenziale che sembra di stare in un pub di Dublino e la vocalità di Conor è così perentoria e decisa da farlo assomigliare ad un discendente dei vecchi bardi della cultura celtica. Le sonorità sono prettamente acustiche, ma la sezione ritmica molto spesso sale di tono e non mancano momenti fortemente percussivi e il canto di Conor assume contorni epici. Fra i momenti migliori della serata le esecuzioni della delicata e sognante The Waves e di Passing A Message, le cui liriche sono state ispirate dalla lettura di un testo di Carl Sagan.
Sul finale i Villagers ci regalano anche un paio di brani nuovi come Occupy Your Mind e Hot Scary Summer, due ballate davvero deliziose e ben disegnate sul piano armonico. Ci viene in mente una cosa: Conor appartiene interamente alle sue canzoni, alla sua musica. E’ stato questo che gli ha permesso di superare la sua naturale riservatezza, di dare un senso alle inquietudini esistenziali di cui canta. Un concerto da ricordare, un live act - quello dei Villagers - che esalta quanto di buono avevamo già ascoltato sui loro dischi.
SETLIST:
My Lighthouse Set The Tigers Free Passing A Message The Bell Home Nothing Arrived The Pact Becoming A Jackal The Waves Judgement Call Occupy Your Mind Earthly Pleasure Pieces Memoir
Encore I Saw The Dead 27 Strangers Hot Scary Summer
(La foto di Conor O'Brien al Circolo degli Artisti è di Giancarlo De Chirico)
Articolo del
09/12/2013 -
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