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Siamo al Traffic e fa freddo, lo so siamo in pieno dicembre quindi ho detto una cosa scontatissima, e allora? A dispetto del numero di macchine fuori dal locale le persone dentro la sala sono davvero poche. Stasera in scaletta ci sono i romani Funeral Mantra che abbiamo mancato causa nostro ritardo, i Black Rainbows, visti più volte ormai, e i Naam giovane combo di Brooklyn generatore di potenti ondate psych-hard.
Alle 22.35 il trio romano armeggia con gli strumenti e pochi minuti dopo il loro hard rock, che pesca a pina mani dai Black Sabbath, parte scaldando l’atmosfera del Traffic. Basso distorto, batteria secca e power chord sfigurato da vari effetti applicati alla chitarra, scorrono per mezzora dando la sensazione di un profondo e piacevole tuffo nei Seventies. I Black Rainbows ormai sono una certezza, fautori di buoni album anche se derivativi (chi non lo è oggi?), portano a fanno uno show fra ritmi ipnotici e accelerazioni violente. Sebbene l’impianto a volte tagli alcune frequenze tutto sommato riusciamo a sentire bene i vari strumenti, complice la nostra vicinanza lesiva per i padiglioni auricolari.
Finita questa prima parte, in un attimo salgono gli americani e sono in ottima forma. Partendo da sinistra troviamo: John Preston Bundy, bassista con barba incolta e basso mammut che assomiglia mostruosamente al protagonista di Una notte da leoni. A fianco Eli Pizzuto, batterista dinoccolato con occhiali da sole scurissimi, affiancato da Johnny "Fingers" Weingarten, impegnato alle tastiere e diavolerie elettroniche. Al centro svetta Ryan Lee Lugar, chitarrista minuto e munito di Fender Stratocaster bianco panna, in pieno stile Hendrix.
Bastano poche iniziali note per capire che stiamo per assistere a uno di quei concerti che non dimenticheremo facilmente. I Naam sono psicotropi quanto basta, capaci di repentini cambi ritmici e atmosfere cangianti. Passano da rimandi ai Pink Floyd di Meddle al terzo album dei Black Sabbath. Beyond, tratta dal loro ultimo album Wov, sfoggia un riff di basso in equilibro fra One Of These Days e Children Of The Grave. Il vero motore trascinante della band è proprio questo bizzarro bassista la cui forza propulsiva sembra inarrestabile. Capace di virate violente e rallentamenti che farebbero felici gli Om, il quartetto tira fuori un concerto davvero incandescente. Questo viaggio siderale trova la sua meta nella potenza aliena di Kingdome, monolite nero pece dai risvolti psicotropi e sezione ritmica ossessiva. Ma è con Skyling Slip Andy che le cose si complicano piacevolmente: stacchi hard, rimandi ai Motorpsycho e riff zeppeliniani, tutto imbevuto di un’incendiaria miscela psichedelica capace di mandare in giuggiole i presenti. Si continua sulle onde della successiva Fever It Fire, roba mantrica di una bellezza vintage. E non manca anche Pardoned Pleasure, policromatica take mutuata dal rifferama I Don’t Wanna Be Your Dog degli Stooges che poi rallenta magicamente catapultandoci una dimensione onirica a marchio Black Angels.
La seduta d'ipnosi termina con l’andamento lento e reiterativo di Skycraper, introdotta dal riff circolare del basso. Poche note accennate, batteria delicata e voce sciamanica lasciano presagire una deflagrazione che tarda a venire, ben celata com’è nella struttura, ma che non mancherà di spazzare vie le nostre ultime resistenze con Midnight Glow. Houston? Nessun problema.
SETLIST:
Beyond Pardomed Pleasure Skyling Slip Andy Wov Fever It Fire On The Hour Midnight Glow
Articolo del
12/12/2013 -
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